Il calcio è una magia. Sovverte equilibri e giudizi, umori e certezze, cancellando l’ordine precostituito delle cose. E così il sabato pazzo di José Mourinho, sfregiato dall’espulsione e indirizzato al disastro, risulta a mente fredda digeribile grazie alla demolizione di un principio storico: si vince con l’esperienza, con i giovani mica vai lontano.
E invece. Entrano tre ragazzini, in un clima di rassegnazione generalizzata, e rimettono in piedi la partita da soli, senza paura, senza inibizioni. Con la forza del desiderio. (…) Ed è incredibile ma verso: Mourinho si salva appigliandosi alla principale risorsa che alla Roma sta mancando, cioè il coraggio. Che bellissima follia.
Non si è salvato però dall’espulsione, la seconda da quando allena la Roma. Dopo il 2-2, insofferente verso l’arbitro Pairetto, ha perso due volte le staffe. Prima calciando lontano un pallone per stizza – in quel caso è stato richiamato verbalmente – poi entrando in campo con furia per contestare un fallo fischiato contro la Roma.
Mourinho ha mostrato a Pairetto, figlio del designatore del periodo di Calciopoli e fratello di un dirigente della Juventus, il gesto del telefono, significato ambiguo. Ma non lo sapremo mai perché dopo esssere rientrato negli spogliatoi, applauditissimo dai suoi tifosi, Mourinho ha preso il suo zaino e ha lasciato l’Olimpico, senza prestarsi al tradizionale giro di interviste. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida