Nicolò Zaniolo da ragazzino è diventato uomo, e non soltanto per una questione di età: per mesi ha rincorso con tutti i mezzi la buona salute e, allenandosi come un forsennato, si è costruito un fisico nuovo. Più compatto, più tosto. Più adulto. Ecco perché gli è stato cambiato ruolo: da attaccante esterno, abituato a flirtare con la fascia laterale, è diventato una punta, gioca più in mezzo al campo e più che fare a corse con gli avversari adesso ci fa a botte (sportivamente parlando, sia chiaro).
Un giocatore per certi versi unico, nel panorama italiano. Che raggiungerà, probabilmente, solo quando avrà smussato alcuni ingombranti angoli del suo carattere. Non che debba contenersi (andrebbe contro il suo dna), però una più corretta gestione delle forze, delle emozioni e della emotività potrebbe vistosamente aiutarlo a migliorare.
José Mourinho, seguendo un collaudato copione, lo tratta bene o male a seconda delle circostanze e delle convenienze. Una volta lo protegge, un’altra lo censura, un’altra ancora lo elogia oppure lo lascia fuori senza dare troppe spiegazioni pubbliche. Non sarà mai un bomber, Nicolò. Il suo calcio è fatto anche di gol, non soltanto di gol. L’arte dell’assist, che lui la conosce alla perfezione, non è virtù di poco conto. Chiedere al suo socio Abraham, Mister Twenty, per averne un’immediata conferma.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti