Sembra quasi un ritorno alle origini. Settembre 2018. La visione di Mancini, rivolto al futuro e deciso a scoprire nuovi azzurri, partorì la convocazione di Nicolò Zaniolo, all’epoca diciannovenne, nella lista dei 31 nomi per l’avvio del girone di Nations con Polonia e Portogallo.
Sorpresa, tutti spalancarono gli occhi, valutando prematura quella chiamata, salvo ricredersi qualche settimana dopo, quando Di Francesco lo fece debuttare in Champions e poi anche in Serie A. Il ct lo aveva già inserito nel giro della Nazionale in cui, realmente, non è mai entrato in modo stabile. Colpa degli infortuni. È significativo che il nuovo ciclo, destinato a portarci al Mondiale 2026 negli Stati Uniti e in Canada, riparta domani sera proprio nel segno del romanista.
Nuova investitura, dentro una stagione faticosa e in cui non ha ancora ritrovato il passo giusto. Un segnale di fiducia a poco più di una settimana dall’esclusione decisa da Mourinho per una partita decisiva come il derby, visto dalla panchina. Zaniolo a Konya verrà inserito nel blocco dei titolari, formando il tridente con Scamacca e Raspadori. Esterno destro, perché il ct da quella parte predilige un mancino e staffetta annunciata con Politano, destinato a entrare in corsa. Mancini lo vede come mezzala d’attacco e di inserimento.
Una soluzione diversa, più offensiva, per l’Italia che verrà e andrà totalmente riconcepita. Il talento nato a Massa e cresciuto a La Spezia è ancora indietro. Doveva essere anche il suo Europeo, non ha fatto in tempo a recuperare, ma il calcio italiano lo aspetta. Mica semplice rialzarsi da un doppio intervento chirurgico patito nello stesso anno. Il 12 gennaio 2020 la rottura del crociato anteriore al ginocchio sinistro durante la partita con la Juve all’Olimpico.
Il 7 settembre 2020 saltò il crociato del ginocchio sinistro nell’amichevole con l’Olanda all’Arena di Amsterdam. Prima un ginocchio e poi l’altro. Dicono gli ortopedici possa capitare. Gli è servito quasi un anno per rientrare e ancora adesso non sembra aver riacquisito l’esplosività che ne aveva caratterizzato l’impatto in Serie A. Servono tempo, un bel rodaggio, tantissimo lavoro. Anche Del Piero, nel 1999, rientrato dall’intervento eseguito in Colorado, soffrì a lungo prima di tornare al top del rendimento. Nicolò ha un’altra cilindrata. Un metro e 90 di altezza. Mettere a punto il suo fisico è diverso.
FONTE: Il Corriere dello Sport – F. Patania
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