Quando corri e vedi il verde intorno allargarsi o restringersi a seconda della direzione che stai prendendo, è facile accorgersi che l’età in fondo potrebbe essere anche una astrazione di comodo. Pensate a Nicola Zalewski, che domani sarà il più giovane dei titolari chiamati a cercare la vetrina in una sfida tra Inter e Roma in cui si incrociano molte ambizioni.
I nerazzurri si giocano uno spicchio di scudetto, mentre i giallorossi le residue speranze di approdo alla zona Champions League, che potrebbe valere un tesoretto da reinvestire per edificare l’avvenire. A 20 anni, il ragazzo nato a Tivoli ma di origine polacca, è il gancio che tiene appesa la sfida al futuro.
In un match in cui spiccano senatori come Handanovic e Dzeko, piuttosto che Rui Patricio, Smalling e Mkhitaryan, il ragazzo inventato da José Mourinho come terzino sinistro dà l’appuntamento a mille sfide simili all’orizzonte. D’altronde, per capire meglio la forbice temporale che lo divide dagli altri, basti pensare che quando Zalewski nasceva, il portiere nerazzurro (ora quasi trentottenne) di lì a poche settimane avrebbe esordito fra i professionisti nelle file dello Zagorje.
Ma il palcoscenico che si è preso Nicola racconta anche altro. Innanzitutto una scalata silenziosa. Nella sfida d’andata del dicembre scorso, quando l’Inter banchettò all’Olimpico grazie a uno 0-3 santificato già nel corso del primo tempo, il ragazzo non era neppure in panchina. Tra l’altro, se ci fosse stato, non avrebbe senz’altro ricoperto la casella di difensore, visto che le sue caratteristiche sono più da attaccante.
Per tale ragione, se si ragionava sulla corsia di sinistra, i pensieri andavano a Viña innanzitutto, poi a Calafiori. Pochi mesi dopo è tutto cambiato, visto che lo Special One ha deciso: il titolare sarebbe diventato “Il bambino”, come lo ha soprannominato, evocando gli anni in cui quel “nickname” era appannaggio di un giovanissimo Santon, che in Champions League fermava Cristiano Ronaldo della prima era Manchester United.
Ma è la vita che spinge i ragazzi a crescere in fretta, ed è successo così anche a Zalewski, che nel giro di pochi giorni è andato in vetrina per un paio di cose che col calcio non hanno nulla a che fare, ma che pure poi hanno contribuito a una maturazione rapida.
Il 24 settembre, dopo una lunga e straziante malattia, Nicola ha perso suo padre Krzysztof (polacco come sua madre Ewa) – il suo mentore, il suo primo tifoso – a cui era legatissimo, e l’8 ottobre è stato coinvolto in una polemica ”social” innescata dal trapper Dep Zembo, con relativa tirata d’orecchie da parte della Roma.
Da quei momenti così duri, si può dire, è cominciato il decollo del giocatore giallorosso. La stessa società, d’altronde, li ha fatto capire un paio di mesi dopo quando, grazie all’abilità dei suoi manager Pocetta e Ferro, il ragazzo si è legato alla Roma fino al 2025.
Quanto basta per farne uno dei pilastri di quello che verrà. E così adesso Nicola adesso può permettersi di sfidare i campioni del nostro campionato e anche di sognare il Mondiale, cioè l’obiettivo principe di tutti coloro che hanno nel calcio la loro ragione di vita.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini
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