Oggi – un anno fa – nasceva virtualmente la Roma di Luciano Spalletti. Oggi – un anno fa – l’allora d.s. Sabatini incontrava l’allenatore toscano archiviando definitivamente il sogno di arrivare ad Antonio Conte e riaprendo la strada a un ritorno in panchina su cui, all’inizio, la dirigenza era stata parecchio divisa. In questi dodici mesi Spalletti ha giocato un campionato alla rovescia: un girone di ritorno e uno di andata. Il risultato che ne è venuto fuori è stato favoloso e paradossalmente meno incisivo di quanto le potenzialità dei numeri avrebbero raccontato. Il tecnico che dal 2005 al 2009 aveva fatto sognare la Roma e vinto 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa, in questo torneo a testa in giù ha conseguito 87 punti. Se si fosse cominciato dalla prima giornata sarebbe stato il record giallorosso, visto che per ora il primato nell’era dei tre punti appartiene a Garcia (85).
NEO CHAMPIONS – L’aspetto malinconico è dovuto solo alla Champions. Non tanto all’eliminazione contro il Real Madrid – meno netta di quanto abbiano sancito i risultati – quanto al mancato aggancio al 2° posto (difficilissimo) e, soprattutto, all’eliminazione estiva nei preliminari contro il Porto. Il cammino nel campionato attuale, comunque, sembra tale da blindare la qualificazione per la prossima stagione e quindi anche questa «mancanza» può essere colmata.
RISALITE – Al netto di qualche roboante dichiarazione iniziale – «non voglio più arrivare secondo, sono tornato per completare il lavoro» (cioè vincere lo scudetto, ndr) – il rientro di Spalletti è stato un affare per la Roma. Superata la ruggine con Totti, la sua presenza ha dato ai tifosi la garanzia della serietà del progetto – il tecnico non ama perdere mai –, ha fornito un nuovo indirizzo didattico e tecnico che ha rivelato uno Spalletti maturato rispetto al passato e quindi assai più pronto a «contaminare» i suoi sistemi di gioco con novità tattiche. Tutto questo ha giovato alla maggior parte dei calciatori fin dall’inizio. Solo pensando alla scorsa stagione, basti pensare il rendimento di Perotti ed El Shaarawy: il primo non pareva adatto ad un top club; il secondo – dopo l’eclissi milanista e il flop al Monaco – è stato rivitalizzato così tanto da tornare nel giro della Nazionale e partecipare all’Europeo.
NODI – Per la proprietà, insomma, avere Spalletti è stata una manna. A fronte di qualche perplessità mostrata in forma privata su alcuni vecchi investimenti onerosi (Gerson e Alisson su tutti) quando magari c’erano altre necessità, il tecnico ha avuto dichiarazioni sempre aziendaliste sulla bontà della rosa e la vicinanza di Pallotta, sposando la parola d’ordine di tutto l’ambiente: vincere. Se si eccettua quella sindrome di assedio che in certe situazioni lo ha fatto andare sopra le righe mettendo a volte in imbarazzo Trigoria, teoricamente non c’è nulla che osterebbe un prolungamento del suo rapporto in scadenza a giugno. Ma Roma – nel bene e nel male – logora in fretta, e persino un «superman» come Spalletti a volte può desiderare maggior quiete.