La verità è nell’intero. Ecco perché la vittoria, l’ennesima, dell’uomo che sa solo vincere, è appena solo la parte emersa della storia, Ci sono anche la manita, le lacrime, la coppa baciata, Hegel, suo padre, sua moglie e i suoi figli, Dio e il Vaticano, ballare coi ragazzi con la maglia tutta bagnata di bollicine, volergli bene come se fossero figli e quindi trattarli con durezza quando serve, e le interviste con la voce rotta, e quant’è bello piangere perché mi passano tante cose in testa stasera, e rimarrò qui, certo, però: “Bisogna capire cosa vogliono fare i nostri proprietari”.
Tutte queste cose insieme sono José Mourinho. Un turbine di emozioni e magari di contraddizioni, di spigoli e bordi taglienti, ma un uomo e un professionista tra i più sorprendenti che si possano incrociare. Meglio: un uomo come tutti noi, come dice Carlo Verdone, con le sue ansie le sue debolezze e i suoi sfoghi emotivi, e come tutti ha dentro miliardi di elettroni che cozzano e creano l’imprevedibilità e la complessità dell’animo umano. Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio. E quindi.
Non prendetelo mai per una sola delle sue parti, José Mourinho, magari quelle che vi irritano: sarebbe troppo facile, rischiereste di giudicarlo in modo superficiale e ingannevole, come fanno sempre tanti, poi arriva inesorabile il giorno in cui li costringe a ricredersi, e a saltare sul suo carro.
È andata ogni volta così, in tutte le sue avventure. Chi lo conosce lo sa. Alla fine, José piazza la zampata, in qualche modo. Poi tira le somme del tutto, si fa una grassa risata sui critici, e si lascia andare. Così a Tirana ecco la manita alla spagnola, subito, per ricordare al mondo che ha vinto cinque coppe in cinque finali. Bacia la coppa appena ricevuta e piange: gli vengono in mente tante cose, anche suo padre Felix, amatissimo. José divenne allenatore anche per vendicare la carriera sfortunata di Felix.
Che soddisfazione, Tirana. Un’altra vittoria con un club a digiuno da tempo, dopo Porto, Chelsea e Inter. Da dedicare alla famiglia, la moglie e i due figli, la sua vita. A Dio, perché è devotissimo cattolico, come ben sanno prelati e fedeli a San Pietro. Ai giocatori, che ha saputo ipnotizzare anche qui, li ha portati in sella al suo destriero, tra buche e scossoni, finché ci si sono sistemati. Il lavoro sulla mente degli uomini è una delle sue formidabili prerogative, e non parliamo delle sue doti di capopopolo, ma anche qui si rischia di considerare una parte, e non il tutto.
FONTE: Il Messaggero – A. Sorrentino
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