Ilò vice allenatore di Josè Mourinho, Salvatore Foti, ha rilasciato un’intervista dove ha parlato del mister, della Conference e di Tammy Abraham:
Curiosità: anche a Roma la chiamano Lillo? “Ovvio, nel calcio sono Lillo per tutti. Il soprannome me lo diede Flachi alla Samp, pensando al presidente della Reggina. Francesco è venuto a salutarmi per Fiorentina-Roma, abbiamo un bellissimo rapporto, mi ha aiutato da giovane, gli voglio bene”.
L’immagine più emozionante del trionfo in Conference? “La festa con migliaia di tifosi in strada e il giro col bus scoperto sono stati incredibili ma il pensiero va a un magazziniere scoppiato in lacrime di felicità a Trigoria 24 ore dopo la finale. La gioia di chi ama e vive per la Roma mi emoziona. Mourinho ha parlato di famiglia: è così, c’era un’unione speciale che poi ti fa vincere”.
Ma come ci è finito alla Roma da vice di Mou? “È stato inatteso, il preparatore atletico Rapetti con cui ho lavorato alla Samp mi parla di questa possibilità e pochi giorni dopo, a Natale, mi contatta Mourinho, una videochiamata lunga un pomeriggio. Da un lato c’era il dispiacere di lasciare Giampaolo, che in 5 anni mi ha insegnato il mestiere, dall’altra la chance di lavorare con uno dei migliori. Non potevo rifiutare e Giampaolo mi ha alleggerito la scelta: “Va’ dove meriti, sei bravissimo”. Marco è una persona di cuore, di grande valore umano, chi lo conosce bene come me lo sa”.
E Mou? In cosa è Special? “Devi viverlo tutti i giorni per capire ma non è un caso se ha vinto tanti trofei non banali in posti in cui non si è abituati a vincere. È inimitabile, al di là delle competenze calcistiche ha un carisma innato, un’energia che crea una chimica unica per cui tutti vanno nella stessa direzione. A Tirana ero teso ma convinto che in qualche modo avremmo vinto, l’identica sensazione provata davanti alla tv prima di Inter-Bayern di Champions nel 2010”.
Quando l’ha sostituito per squalifica ha vinto due volte su due. “Per fortuna è andata bene, la responsabilità è tanta ma ho capito presto che con lui devo solo essere me stesso e dare tutto”.
La chiamavano “Piccolo Ibra”: lui a 40 anni gioca ancora, lei ha dovuto smettere per gli infortuni a 27, ci soffre? “Non è stato facile superarla, ma quando ho smesso è nata mia figlia e questo mi ha dato tanta forza, maturità. Ho preso subito il patentino e ringrazio Invernizzi che mi ha fatto entrare nel settore giovanile Samp. Ora non ci penso più, mi piace quello che faccio: saper accettare quel che ci accade è fondamentale”.
Da ex attaccante: dove può arrivare Abraham? “Ha fatto 27 gol, i numeri parlano per lui, deve solo aumentare la continuità ma è giovane. Potenziale enorme, completo, ha tutto: con la voglia di migliorarsi ogni giorno avrà una carriera molto importante”.
Vincere aiuta a vincere: cosa si aspetta per la Roma? “Se vinci ti viene voglia di rivincere, è contagioso, vuoi riprovare momenti così: abbiamo fatto un’annata bellissima, lavoreremo per migliorare ancora, col sogno di festeggiare di nuovo qualcosa con i tifosi”.
FONTE: Il Secolo XIX – V. Arrichiello
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