Il calcio è un perfido compagno di vita. Uno di quelli da tenere lontani dal cuore. Un amico falso, traditore. Uno di cui ti fidi – e al quale ti affidi – ma che, spesso e volentieri, ti illude, ti frega, ti accoltella alle spalle. Il calcio è una brutta bestia (anche) perché non ha regole fisse. Tipo: tu giochi meglio del tuo avversario, quindi vinci la partita. No, non è così. Vince chi segna un gol in più, non conta giocare meglio.
È la sintesi estrema della sconfitta della Roma contro l’Atalanta. Una di quelle partite che lì per lì ti fanno odiare il calcio, ti fanno rimpiangere il momento in cui ti sei avvicinato a lui, che ti mandano fuori di testa. Poi però, ragionandoci un po’, ti rendi conto che il ko è stato soprattutto figlio degli errori di mira della squadra di Mourinho. Tante occasioni, zero gol. Dall’altra parte, una sola occasione e una rete da tre punti. Segno che non conta giocare meglio e/o costruire di più e meglio se poi non finalizzi, se non concretizzi.
Opportunità a raffica ma errori puerili, sbagli grossolani a mezzo metro dalla porta avversaria. Il “mal di gol” è una malattia che affligge la Roma da settimane e ancora non si è riusciti a trovare la medicina giusta per debellarla. Forse perché la medicina giusta non esiste e occorre soltanto aspettare che il male se ne vada da solo. Perché è impossibile che un calciatore si dimentichi da un giorno all’altro come si fa gol. L’importante, aspettando quel giorno, sarà continuare a creare, a costruire occasioni, a produrre gioco.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti