Roger Ibanez aveva pensato di dare la sua disponibilità alla Nazionale di Roberto Mancini, ma quando lo ha chiamato il Brasile ha risposto sì senza pensarci. È la prima convocazione, “il sogno di una vita” e adesso sogna anche di convincere il c.t. Tite a dargli un’occasione per il Mondiale.
Impensabile, fino a un anno fa, ma grazie alla continuità nella Roma, al lavoro di Mourinho (soprattutto sulla concentrazione) e alla sua duttilità tattica, Ibanez può quantomeno sperare. I piedi sono delicati (il 90% dei passaggi che fa arriva a destinazione), è rapido, ha fisico e può giocare a tre, a quattro (non a caso quando cambia modulo Mou lascia in campo lui e toglie Mancini) e può fare anche il terzino: tutte caratteristiche che hanno convinto il Brasile a chiamarlo. Adesso sta a lui.
Ibanez dovrà avere personalità e umiltà, le stesse che ha dimostrato nella prima conferenza nel ritiro brasiliano, che è in Francia perché le partite saranno contro il Ghana a Le Havre e a Parigi contro la Tunisia. “L’Italia è la culla della fase difensiva. I club hanno dei professionisti per farti imparare il più rapidamente possibile il loro modo di lavorare, quindi questo ci permette di migliorare molto. Ho fatto il mio primo anno all’Atalanta ed è stata un’esperienza importante per me, penso di essere cresciuto molto. Ma i consigli di Mourinho mi hanno aiutato tanto ed è anche per questo che oggi sono qui”, ha ammesso Ibanez. Anche perché a Bergamo ha giocato appena due partite, mentre con Mourinho è sceso in campo 60 volte su 64, e delle quattro che ha saltato solo in un’occasione è stato per scelta tecnica.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli