Il derby non si gioca: si vince“, urlava qualche anno fa il francese Rudi Garcia. “Un derby è quasi più importante non perderlo che vincerlo“, sostiene, oggi, Francesco Totti. Un derby, al di là di come la si pensi, non va regalato. Esattamente quello che la Roma non doveva fare e che invece stoltamente ha fatto. Un doppio regalo (un erroraccio tecnico e un orrore tattico) che il giochista Maurizio Sarri ha raccolto al volo e difeso come solitamente fa il suo collega risultatista José Mourinho.
Per una sera i ruoli si sono invertiti e la Roma, chiamata a fare gioco, ha messo in mostra tutti i suoi limiti sul piano della costruzione. E, come conseguenza, la sua ormai proverbiale difficoltà nel segnare. Così, è arrivata la terza sconfitta casalinga per zero a uno contro una presunta (per la Roma) rivale per un posto tra le prime quattro della classifica.
Prima l’Atalanta, poi il Napoli e infine la Lazio: non può essere un dato casuale, ormai.È il segno, se mai, che la Roma quando è chiamata a esibirsi in un salto di qualità, quando deve dimostrare di avere le carte in regola per recitare un ruolo più o meno di primo piano stecca sistematicamente la partita. E queste cose accadono quando la struttura è carica di difetti, quindi inadeguata per lottare a certi livelli.
Se/quando la Roma non può giocare di rimessa, fa una fatica enorme a creare una manovra che possa aiutarla ad andare a dama. In più, il (lunghissimo…) periodo negativo di chi è chiamato a finalizzare peggiora fatalmente il tutto. La Roma non fa gol e, soprattutto, crea occasioni solo se/quando può muoversi a modo suo, cioè lasciando l’iniziativa all’avversario per poi sfruttare la riconquista del pallone.
La Roma sa ripartire, ma non sa partire. La differenza tra un verbo e l’altro non è così sottile; e aiuta tanto a capire. Ecco perché la squadra di Mou continua a essere il mistero buffo del campionato.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti