La speranza è che non si trasformi in Godot. Perché di Wiinaldum questa Roma ha terribilmente bisogno. San Siro è stata l’ennesima dimostrazione ma per i più attenti c’erano già state altre 16 partite di campionato e 6 di Europa League ad evidenziarne l’assenza. Mourinho ha fatto in tempo a goderselo per 11 minuti a Salerno, poi è calato bruscamente il sipario.
Così, quando nel giorni scorsi a Trigoria lo hanno visto rispondere in modo ottimale ai carichi di lavoro, è iniziata a serpeggiare la possibilità/speranza di anticipare leggermente 1 tempi del rientro in squadra. Gini – accompagnato dal responsabile sanitario della Roma e raggiunto in loco dal medico della nazionale olandese – si è quindi recato in patria per un consulto specialistico, Nel quale però gli è stato consigliato di continuare con il programma definito ormai mesi fa. Il centrocampista ne ha preso atto. Nessun allarme, quindi. Soltanto il rispetto rigido di un protocollo clinico che deve prendere in considerazione la decisione del calciatore di propende re per la terapia conservativa a discapito dell’intervento chirurgico. Una scelta che portava con sé, già in estate, qualche incognita in più rispetto alla classica operazione.
La tibia ha infatti tempi di recupero più lunghi rispetto alle altre ossa del corpo umano, possedendo una minore vascolarizzazione. Tradotto: i tempi sono quelli, impossibile accelerare. Ma Wiinaldum è così: ascolta tutti, da l’impressione di essere indeciso ma poi alla fine fa di testa sua. Così è stato anche a Roma. Il rientro vero in gruppo, fatto di partitelle e contrasti (per ora effettua il riscaldamento con i compagni per poi dirottarsi al lavoro differenziato che prevede anche il pallone), arriverà entro fine mese.
La Roma ha previsto per Gini (che tra 7-10 giorni effettuerà un’altra visita) anche un passaggio in Primavera, fondamentale per rivederlo ai suoi livelli. Perché ora l’olandese è atteso dall’ultimo step che riguarderà prima o poi il contrasto di gioco. E lì non c’è medico che possa sbilanciarsi in una previsione. Dipende esclusivamente dal calciatore e dalla sua testa. Ci siamo quasi, quindi.
FONTE: Il Messaggero – S. Carina
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