Federico Fazio ripercorre con noi le tappe più importanti della sua carriera, dagli esordi con il Ferro Carril Oeste all’arrivo all’AS Roma.Gli esordi con il Ferro Carril Oeste “Tutto iniziò nel settore giovanile del Ferro Carril Oeste: avevo dieci anni e alla fine non ho cambiato mai squadra, prima del mio passaggio al Siviglia. Da bambino ero già il più alto di tutti i miei coetanei, ma arrivare a giocare con i più grandi fu un’esperienza incredibile. Assieme a sei compagni di squadra passai dalla Primavera alla prima squadra. Giocavamo nella Serie B argentina e al primo campionato disputato siamo arrivati al quinto posto. Il giocatore più grande di noi aveva 23 anni, eravamo una squadra giovane. Affrontavamo tanti giocatori di esperienza, che picchiavano molto in campo, ma anche io non ero da meno e mi facevo rispettare. Non ho giocato sempre dietro, anzi: nelle giovanili ho iniziato da centravanti per tre o quattro anni, poi sono passato a centrocampo. Un anno prima di passare in prima squadra sono diventato difensore centrale e da lì non mi sono più mosso. Giocare in difesa significò cambiare totalmente mondo, ma alla fine ho capito che era quello il mio mestiere. Diventai titolare e di lì a poco arrivò anche la convocazione con la Nazionale Under 20: ero l’unico di quel gruppo che giocava in serie b. Andare in prima squadra era una cosa totalmente diversa dalla primavera, fu un cambio molto importante e lì realizzai che la mia carriera sarebbe stata quella”.L’approdo in Europa: il Siviglia “A dicembre 2006 arrivò la prima chiamata del Siviglia. Dopo un mese, appena finito il campionato Sudamericano, salutai tutti e mi trasferii Spagna. Lasciare casa dispiace sempre, ma in fin dei conti fu più pesante per mia madre e per i miei familiari: ero giovane, l’Europa è distante dal Sudamerica e vivere a migliaia di chilometri di distanza costituisce un cambio importante. Al Siviglia mi allenavo con la prima squadra e giocavo con la primavera. Dopo due mesi arrivò il debutto in prima squadra. La differenza tra calcio spagnolo e argentino era tanta: dalla Serie B argentina alla Liga è un altro calcio, ci vollero sei mesi per abituarmi a quei ritmi. Giocavo con una squadra importante, prima nel ranking europeo, nel pieno degli anni d’oro del Club. In squadra c’erano calciatori del calibro di Luis Fabiano e Kanoute, dei veri e propri “crack”. Parlando con Diego Perotti diciamo sempre che giocare con loro è stato impressionante, un privilegio. Dopo l’esperienza estiva con la Nazionale, ad agosto cinquistai un posto da titolare. Il primo ricordo di quel periodo è sicuramente legato alla vittori per 5-3 nella Supercoppa spagnola con il Real Madrid, al Bernabeu: che partita! Contro il Milan, in Supercoppa europea, arrivò purtroppo una sconfitta, ma fu comunque una partita importante della mia carriera. Dopo è arrivata l’esperienza in Champions, la prima in assoluto per il Siviglia. Giocammo con squadre del calibro dell’Arsenal. Neanche un anno prima ero in Argentina, la mia vita era cambiata totalmente”.Le vittorie con la Nazionale Under 20 “Quando iniziai con l’Under 20 dell’Argentina tutta la squadra portava sulle spalle un fardello non da poco: quella albiceleste aveva vinto quattro edizioni delle ultime sette del Mondiale Under 20. Nel 2007 eravamo in campioni in carica e la pressione era tanta: tutti volevano che vincessimo. Eravamo una bella squadra, con me tra i tanti c’erano Di Maria e Aguero. Conquistammo il torneo in finale contro la Repubblica Ceca e per me fu una soddisfazione immensa, ho bellissimi ricordi di quell’avventura. Un anno dopo conquistammo anche la medaglia d’oro alle Olimpiadi. Quella è senz’altro l’esperienza più atipica nella mia carriera. È totalmente diversa dagli altri tornei di calcio, dove di solito prima della partita ci si chiude in hotel, per concentrarsi. Il villaggio olimpico è diverso, ti incontravi con gli sportivi di tutto il mondo, campioni del calibro di Nadal, Bryant. Av
er vinto una medaglia per il mio paese in un’olimpiadi è stato un vero onore”
La Roma “La scorsa estate è arrivata la chiamata della Roma e in due settimane abbiamo chiuso la firma del contratto. Non ho avuto bisogno di pensarci: per me si trattava di una grande opportunità. Ho giocato e vinto con il Siviglia per tanti anni, nel momento migliore della società, ma firmare per la Roma significava approdare nella squadra più importante della mia carriera. Il calcio italiano mi è sempre piaciuto, ho sempre avuto un buon legame con l’Italia, forse per le origini di mio nonno. Ai Mondiali se non vinceva l’Argentina tifavo sempre per gli Azzurri. La Serie A non si allontana di molto dalla Liga spagnola. Quella più differente di tutte è l’Inghilterra, dove si gioca uno contro uno, veloce, verticale, si va sempre avanti e dietro, senza pensare al possesso palla. Qui, invece, tutte le squadre sono più tattiche, anche più della Spagna. Mi trovo molto bene”.