Chi ha paura di Zaniolo Woolf? Perché trasformarlo nel bersaglio di una civiltà imbarbarita che alla prima occasione buona trasforma la delusione sportiva in ritorsione personale, in vendetta privata? Perché, come due notti fa, aspettare il ragazzo sotto casa, a Casal Palocco, minacciarlo da vigliacchi, quali sono tutti coloro che in branco, nella realtà o nel virtuale, nascondono la loro miserabile condizione umana con un’impresa da romanzaccio criminale?
Di cosa possiamo accusare Zaniolo, ragazzo dall’aria sempre un po’ imbambolata, sempre in cerca d’aria e di redenzione? Domande, domande, domande. Risposte? Qualcuna forse. Zaniolo ha un solo torto: essere stato vittima (e magari per qualche secondo artefice) di una colossale sopravvalutazione. Non ha nemmeno avuto fortuna, per la verità. Quando avrebbe potuto evolvere si è fatto male. Quando ci stava riprovando si è fatto male un’altra volta.
E così, mentre decollava il personaggio, mentre la sua mediaticità aumentava di spessore, con progressioni esponenziali, sino a travolgere l’intera famiglia ( tanto che ad un certo punto si stentava a capire se fosse più importante lui, in termini di rendimento in campo, o sua madre), il calciatore restava al palo. Alla celebrità vischiosa e sterile del gossip non ha fatto seguito una crescita della consapevolezza tecnica, rimasta stabilmente a livelli troppo bassi per un esterno destinato a fare chissà cosa. Da poche ore Zaniolo ha tolto, dall’intestazione di Instagram, la coda “…calciatore della As Roma”. Forse era tempo di farlo. Zaniolo è l’esempio conclamato di una mutazione non avvenuta: da promessa a certezza.
Dicevamo che Zaniolo non è stato fortunato. Vero tre volte, perché non ha neppure incontrato un allenatore capace di renderlo migliore, uno capace di sfoltirne i difetti senza toccarne le doti. Ancora oggi non sa cosa fare in campo, se non cercare il contatto con gli avversari. Gli si butta addosso invocando falli che nessun arbitro fischia: perché non ci sono.
È sul mercato (forse) da quando Mourinho, per difenderlo, gli disse: “Scappa dalla serie A, ormai ti fischiano tutto contro!“. Forse Mou era sincero. Ma forse, in quelle poche parole, si poteva leggere: “Non so più che fare con te“. Perché qualcosa si poteva ancora fare, quando il cortocircuito fra eccesso di autostima e mania di persecuzione non aveva raggiunto il limite di guardia. Zaniolo non ha colpe, se non quella di non aver ascoltato se stesso, perché nessuno glielo ha mai insegnato. E questo purtroppo lo hanno capito tutti. Tanto che non esiste una “corsa a Zaniolo”. Ormai Zaniolo è troppo senza essere mai stato abbastanza. Però lasciatelo in pace.
FONTE: La Repubblica – E. Sisti
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