Ibrahimovic, Pepe, Robben, Ribery, Yayà Touré e De Rossi. Sei stelle, sei di quei campioni capaci di far sognare i bambini ad occhi aperti. Tutti con un destino comune: tra poco più di 5 mesi vanno in scadenza di contratto e dal primo gennaio — teoricamente — potrebbero firmare per chiunque. Niente Manchester, Madrid, Monaco e forse Roma. Forse, appunto. Perché se è vero che De Rossi potrebbe anche aver fatto già altre scelte, è anche vero che la volontà del giocatore e della Roma è quella di trovare presto un accordo.
IDENTITÀ – Alla volontà, però, devono seguire i fatti. E per ora, tranne qualche dolce carezza pubblica («Il rinnovo di De Rossi? Con Totti è una categoria particolare. Ne parleremo con calma, ma non ci saranno problemi, non vedo motivi per non proseguire insieme», ha detto il d.g. Baldissoni a fine novembre) passi ufficiali non ce ne sono stati. Nonostante una stagione in cui fin qui De Rossi ha dimostrato di essere ancora vitale per le sorti giallorosse, capace di dare qualità alle due fasi ed equilibrio alla squadra. Spalletti se ne priva a fatica, sa che Daniele è un po’ il barometro della squadra: se gira lui è più facile trovare la rotta giusta, altrimenti bisogna ricorrere a qualche soluzione alternativa. «Daniele ci ha aiutato molto nel processo di crescita — ha detto tempo fa Spalletti, che a inizio stagione gli tolse per un po’ la fascia dopo l’espulsione con il Porto —. Per noi è un giocatore importante per tanti motivi, non solo perché è un calciatore forte». Già. E quei motivi sono personalità, carattere, condivisione e trasmissione di certi valori. In poche parole identità. Con il club e con la squadra, quello spirito di appartenenza che aiuta a fare la differenza anche nei momenti di difficoltà, quando hai bisogno di una motivazione in più per arrivare al traguardo.
SCENARIO – Per tutti questi motivi la Roma è entrata da tempo nell’ottica d’idee di rinnovare il contratto a De Rossi. Contratto su cui si è fatto spesso letteratura, con quei 6,5 milioni di euro netti che per qualcuno sembravano essere più una colpa che un merito. L’etichetta di giocatore più pagato d’Italia De Rossi un po’ l’ha penalizzato e forse non è un caso che le sue prestazioni siano tornate ad essere per palati finissimi proprio nella stagione in cui Higuain gli ha sottratto quel titolo. Meglio così, tanto quello che conta per Daniele è altro. Come il suo futuro nella Roma, appunto. L’idea dell’estero, Stati Uniti o Buenos Aires che sia, per un po’ l’ha accompagnato. Lo stuzzicava e — magari — lo stuzzica ancora. Ma non come la voglia di poter scrivere qualche altra pagina d’autore in giallorosso. Due giorni fa, il 25 gennaio, erano esattamente 14 anni dal giorno del suo esordio in Serie A, nel 2003, a Como. Magari il prossimo anno potrà festeggiare qualcos’altro. Rinnovo permettendo. «Per me non è un assillo», ha detto lui. E forse è vero. Ma la Roma farebbe bene a sbrigarsi. Di De Rossi, pure a 33 anni, ce ne sono pochi in giro.