L’ultimo polverone tutto italiano alzatosi attorno a José Mourinho. Forse per davvero. L’infuocato post partita di Monza-Roma porterà conseguenze per il tecnico giallorosso, non solo per la mancata vittoria e l’ennesimo infortunio di questo finale di stagione. Nella mattinata di ieri, infatti, la Procura Federale aveva aperto un fascicolo contro Mourinho e contro il club per responsabilità oggettiva, dopo le parole rivolte dal portoghese all’arbitro Chiffi, ritenute «lesive per lo stesso e per il mondo arbitrale».
Nel pomeriggio, poi, è arrivato l’avvi-so di conclusione delle indagini, che parla di violazione degli articoli 4.1 e 23.1 del codice di giustizia sportiva, che è stato notificato a tecnico e società. La Roma avrà una settimana di tempo per organizzare la memoria difensiva e ha già assicurato che richiederà gli atti. Non è in dubbio, perciò, la presenza di Mourinho domani in panchina contro l’Inter, ma il tecnico sarà con tutta probabilità deferito dal procuratore Chiné, provvedimento che attraverso un patteggiamento potrebbe costare al tecnico anche soltanto una multa.
Un rapporto, quello dello Special One con gli arbitri mai troppo sereno, e che aveva raggiunto l’apice nello scontro verbale con Serra a Cremona (anche se poi è stato proprio il fischietto torinese ad essere deferito). Oltre ad alcune critiche dall’opinione pubblica, a scagliarsi contro il tecnico giallorosso è stato anche Renzo Ulivieri, presidente dell’Assoallenatori. «Gli allenatori italiani sono dalla parte degli arbitri, senza se e senza ma, anzi, senza Mou, mi verrebbe da chiosare. Le dichiarazioni di Mourinho sono gravi e inaccettabili. In particolare ammettere di essere andato in panchina con un microfono per registrare i colloqui tra lui e il gruppo arbitrale».
Ma la polemica dello Special One nei confronti di Chiffi è solo la copertina data in pasto alla comunicazione per poi entrare a gamba tesa su questioni societarie. Mourinho parte dall’arbitro padovano per arrivare a denunciare la sua insoddisfazione per una società poco attenta, secondo lui, a questioni legate alla «politica» del calcio. Un club che «non è in grado o forse non vuole farsi rispettare» nelle sedi opportune. Parole nette, dirette e nel momento più difficile della stagione, nel quale Mou difende il gruppo per mantenere vive le speranze di successo (soprattutto in Europa) e allo stesso tempo si lascia andare all’amarezza.
Un’amarezza figlia di un incontro atteso da tre mesi con la proprietà e non ancora arrivato, di speranze riposte in un assetto diverso e più «di campo» nella dirigenza e di una consapevolezza delle difficoltà nel poter migliorare un gruppo compatto ma con limiti legati all’età dei top e alla loro tenuta fisica. Parole che sanno di addio, visti i dubbi già espressi in passato, ma che ad un mese dalla fine della stagione non possono certo rappresentare una scelta definitiva. Una scelta che, già presa o meno, passa inevitabilmente in secondo piano rispetto a quanto ancora c’è da fare. Una semifinale da giocare e per la quale il portoghese è pronto a dare tutto sé stesso trascinandosi dietro tutto il gruppo. La Roma prima di tutto, poi, per il suo futuro, ci sarà tempo e modo.
FONTE: Il Tempo – L. Pes