«Voglio la finale non tanto per me perché sono una persona diversa, penso più agli altri. Per i tifosi e i ragazzi la voglio, i tifosi sono straordinari e i ragazzi perché sono un gruppo incredibile che stanno facendo una stagione dove stanno dando tutto, ci sono stati tanti momenti di difficoltà ma la gente ci ha permesso di superarli. Questi ragazzi meritano tanto, però nel calcio nessuno ti rega-la niente e noi ovviamente dobbiamo fare una partita straordinaria per la finale». Sembra un Mourinho diverso quello che si approccia alla semifinale di ritorno che può valere un biglietto per Budapest, ma alla fine è sempre lo stesso. Perché quel fuoco che ha dentro e che lo accompagna da vent’anni, è lo stesso che da sempre trasmette alle sue squadre ai suoi tifosi. Per sé stesso sì, ma anche per gli altri.
Alla dodicesima semifinale europea della sua carriera (otto volte è andato in finale) lo Special One condurrà la sua Roma nella ostica trasferta di Leverkusen (ore 21, diretta Rai 1, Sky e Dazn) che può affrontare con un piccolo vantaggio e con qualche sorriso in più. Sono partiti con la squadra, infatti, anche i recuperati Dybala, Smalling, El Shaarawy e Celik. Ma a parte il turco, gli altri dovrebbero partire tutti dalla panchina: «La questione è che Smalling non ha giocato nemmeno un minuto, Dybala non ha giocato più di 30′ nelle ultime gare e non era al 100%. Chris sono tre settimane che non si allena con la squadra. Paulo si allena ancora di meno e per questo motivo sono giocatori che dobbiamo capire quanti minuti potranno giocare, dobbiamo pensare quale sia il meglio per la partita. Loro due più El Shaarawy e Wijnaldum che ha giocato 60 minuti con il Bologna, sono a disposizione». Non vuole parlare né di scaramazia né di bookmakers il portoghese, che si affida al motto utilizzato da vent’anni a questa parte: «Quando sei in semifinale, hai il 25% di possibilità di vincere la competizione. Voglio trasformare la scaramanzia in pragmatico, arrivare in finale per arrivare il 50% di vittoria. Non so quale sarà la direzione della partita, è difficile da dire. Vogliamo arrivare in finale e questo è l’obiettivo».
Rimarca il diritto di chi è nella competizione dall’inizio (solo La Roma tra le quattro arrivate sino a qui) ma differenzia la teoria dalla pratica. Conosce segreti, emozioni, sensazioni e incognite di serate come queste. Sono le sue. Ma sono anche quelle della Roma, che mai si era ritrovata in vantaggio dopo l’andata di una semifinale. Mancherà l’Olimpico, ma la trasferta in Spagna di quest’anno qualcosa ha insegnato. La meta è vicina ma servono novanta minuti (se basteranno) di concetrazione, compattezza, sudore e voglia di sacrificarsi. Perché la Roma in Europa è una realtà, che con Mourinho alla guida ha assunto i caratteri della squadra se non temibile almeno da rispettare. E allora, in Germania per giocarsi la storia e continuare a sognare un posto a Budapest.
FONTE: Il Tempo – L. Pes