Sono tante le cose che li dividono, a cominciare dal divario generazionale. Josè Mourinho, 60 anni, è un baby boomer sputato e spaccato, di quelli che hanno buttato lo stampino. Una generazione di visionari, egoici e famelici. Il mondo è un’immensa opportunità e loro partono fiduciosi alla conquista. Tiago Pinto, più di vent’anni dopo, è un classico millennial disegnato al computer. Cresciuto in un mondo sempre più digitale e globalizzato.
Sono i primi a fare i conti con le conseguenze più estreme della tecnologia, Internet, i social media e i dispositivi mobili. Ma anche gli ultimi ancora capaci di generare, da fondali miracolosamente illesi, passioni mitiche con tutta la febbre del caso. Josè è il leader di una missione che ha come insegna esclusiva il suo nome. Che sia Lisbona, Oporto, Milano, Madrid, Londra, Manchester o Londra, a bordo del suo guscio di noce, Josè è come Amleto, ha la visione dell’immenso.
Tiago è un’altra cosa. Lui ha sempre avuto una visione d’insieme. Si è sempre sentito parte di qualcosa che lo eccedeva. Che fosse il negozio di ferramenta del padre, la scuola di ragazzi “difficili” in cui faceva da consulente a Oporto, ieri il Benfica, oggi la Roma. Josè è conservatore dentro, religioso e ferocemente attaccato alla patria. Tiago è laico e liberale nel suo approccio alla vita. La parola feticcio di Mou è “famiglia”, si farebbe amputare la mano pur di non firmare l’atto di divorzio dalla madre dei suoi figli, Tiago Pinto è cresciuto in una società che prendeva a scivolare nelle ineffabili forme del “liquido”. Ha un divorzio alle spalle senza che la cosa lo abbia emotivamente travolto.
Troppo diversi. Ma, da uomini intelligenti, avrebbero e hanno molto da dirsi oltre che da scontrarsi. Più stimolati che indispettiti dalla diversità. La scommessa della Roma che sarà domani si gioca in gran parte qui, su questo delicato crinale. Insieme nella Roma i due sono oggi ambivalenza assoluta. Sono la grande risorsa e allo stesso tempo la mina vagante. Josè e Tiago pranzano insieme tutti i giorni, si parlano e si scambiano opinioni. Non c’è calciatore arrivato a Trigoria per cui Mou non sia stato coinvolto. Il loro rapporto è vivo, dialettico, dipenderà dalla direzione in cui andrà tutta questa vita.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – G. Dotto