Salirà sul trampolino delle emozioni per tuffarsi nella storia della sua vita: Bruno Conti è il nuovo allenatore della Roma. Solo per due partite, in sostituzione di Mourinho che è squalificato come il vice Foti e altri due membri dello staff, e solo per una questione formale, dal momento che il leader tecnico sarà Stefano Rapetti, preparatore atletico molto stimato dalla squadra ma sprovvisto di patentino. In ogni caso la trovata scenica di Mou è intelligente e piacerà ai 61.000 tifosi che riempiranno l’Olimpico per il debutto stagionale contro la Salernitana: Conti verrà accolto all’annuncio delle formazioni da un boato non diverso per intensità da quello che solitamente scalda il cuore di Mourinho.
“Sarà un’emozione grandissima davanti allo stadio esaurito – ha detto – quando la Roma chiama è impossibile non rispondere. Mi è stato chiesto di dare un supporto e spero di aiutare la squadra con il mio entusiasmo”. Mourinho ha aggiunto: “Avere Bruno seduto al mio posto è un onore per me. Quando gli ho parlato la prima volta ho sentito subito il suo entusiasmo e il suo trasporto: sono sicuro che assieme ai nostri tifosi ci darà una spinta in più”.
Perché qui parliamo di una leggenda, innanzi tutto, ma pure di un dirigente che non si è mai staccato dalla Roma, anche quando un influente manager della precedente gestione aveva provato a delegittimarlo. Negli ultimi anni Brunoconti, tutto attaccato per definizione, si è occupato della supervisione dei giovani calciatori di Trigoria: dall’Under 14, allenata dal figlio maggiore Andrea, all’Under 10. Del resto il suo ruolo operativo, nel corso degli anni, è stato fondamentale per l’individuazione dei talenti che hanno poi raggiunto la prima squadra: gli ultimi sono Bove e Zalewski, studiati e lanciati grazie alla conoscenza capillare del territorio e a una rete organizzatissima di scout locali.
Conti, 68 anni, è stato già una volta allenatore della Roma. Anche dal punto di vista sostanzialmente. Venne convinto da Rosella Sensi, che già aveva ereditato le funzioni di presidentessa dal padre, nel marzo del 2005, dopo le dimissioni di Gigi Delneri. Quinto tecnico di una stagione disgraziata, riuscì comunque a salvare la squadra dalla retrocessione e a raggiungere la finale di Coppa Italia, che sarebbe stata poi il passaporto per giocare in Europa l’anno successivo. Gli bastò vincere due partite su quattordici per centrare il doppio traguardo. Sua, a proposito, fu anche l’intuizione di scegliere Luciano Spalletti come centro nevralgico della ricostruzione, una volta rientrato nei ranghi amministrativi come direttore tecnico del club.
Ha mantenuto la carica, senza mai trascurare il vivaio che considerava il suo mondo, fino al passaggio di proprietà, nel 2011. L’avvento della cordata americana, inizialmente rappresentata da Thomas DiBenedetto e poi ufficialmente guidata da James Pallotta, ne provocò il lento ma inesorabile accantonamento. Eppure Conti, deglutendo bocconi amari, è sempre rimasto attaccato a Trigoria, che raggiungeva velocemente attraverso la Via Pontina dalla sua Nettuno. Nessuno, per evitare decisioni impopolari, ha mai avuto il coraggio di mandarlo via. E lui ha saputo aspettare il nuovo ribaltone societario: i Friedkin, molto più attenti alla tradizione e poco inclini alla vanagloria, gli hanno rinnovato il contratto nel 2022 lasciando a Vincenzo Vergine, scelto da loro, il ruolo di responsabile del settore giovanile.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida
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