Un rito propiziatorio, un’estasi collettiva, un trattato sociale sotto un cielo che sembra rubato a “La Tempesta” di Giorgione. L’arrivo di Romelu Lukaku a Roma, in un aeroporto di Ciampino assediato da cinquemila tifosi, è in fondo lo spaccato di un mondo che si ostina a credere ai sogni. Sogni da tramandare, come le magliette della squadra di epoche diverse, che come in una macchina del tempo centrifugano il nome di Totti per trasformarlo in quello di Dybala.
La sensazione forte è che non ci sia nemmeno bisogno di lui, di Big Rom vestito in “total black”, che alle 17.48 esce dal portellone salutando la folla dietro alla recinzione e portandosi la mano al cuore. Certo, in quel momento i decibel salgono, ma l’amore vero è tutto quello che gira intorno a quel momento tutto sommato già visto. La differenza la fa – a partire dalle 15 – la lunga processione di persone di tutte le età che prima bloccano la via d’accesso all’aeroporto e poi parcheggiano (si fa per dire) le auto in ogni spazio possibile.
Tira un vento forte, che fa alternare schiarite d’azzurro a una pioggia sottile che non fa paura a nessuno. La gente prende d’assalto le reti ed è già felice di essere lì insieme. Ci sono bandiere, striscioni con immagini che vanno da Di Bartolomei a Totti, finché non partono i cori da stadio. “Milano in fiamme”, “Odio Napoli” e “Lazio merda” che abbiamo visto cantato anche da bambine di sei o sette anni. Quando arriva Lukaku? Non lo chiede nessuno. Si sta bene insieme e basterebbe solo questo per essere felici, anche perché si canta “Roma Capoccia” e “La società dei magnaccioni”. E mentre tanti allibiti turisti stranieri, rimasti bloccati coi taxi, scorrono a passo veloce mormorando “It’s crazy…”, un nugolo di poliziotti presidia questo entusiasmo.
Vedendo questa sorta di follia collettiva, paiono avere l’aria spaurita raccontata da Pasolini nella poesia sugli scontri di Valle Giulia. Non c’è una logica in questa passione. Vediamo passare una ragazza vestita di nero. È incinta, ad occhio all’ottavo mese di gravidanza, ma cerca d’intrufolarsi nella calca. I bambini in passeggino sono poco meno dei tatuaggi in bella vista che parlano di Roma.
E proprio quando atterra il Gulf Stream G650 pilotato dal presidente Friedkin – costo sui 50 milioni – un clacson comincia a suonare disperato. Il proprietario di una vettura bloccata da un’auto in doppia fila cerca di liberarsi. Gli è andata persino bene, perché alcuni tifosi salgono su alcune auto parcheggiate danneggiandole. Ma nessuno li ferma perché sta per arrivare il momento di Lukaku sulla scaletta e degli osanna. Poi la massa si sposta all’uscita in tempo per vedere sfilare il corteo di berline nere che provano a farsi strada nel traffico che si gonfia. Sono andati via tutti, ma la festa non finisce. Si canta ancora si suonano i clacson, e pazienza se per arrivare a casa occorreranno ore.
D’altronde Lukaku ha scelto la Roma. Nell’ultimo round della trattativa, infatti, il belga è venuto ulteriormente incontro ai giallorossi. Lo stipendio netto scende dai 7,5 milioni previsti a quota 7. Per il club la spesa al lordo passa a 9,1 milioni, grazie all’utilizzo del Decreto Crescita. Questo atto è servito ad aiutare i Friedkin a rispettare i paletti del fair play finanziario. L’ingaggio con i Blues era di 10,8 milioni netti, mentre nella sua esperienza all’Inter Romelu si era tagliato lo stipendio ad 8,5. Ora l’ultima rinuncia (con bonus scudetto) per sposare la causa.
“Sono felice. L’accoglienza dei tifosi mi ha emozionato. Non vedo l’ora di giocare”, sussurra dopo le visite mediche presso la clinica Villa Stuart, concludendo la giornata nel suo lussuoso hotel a due passi dalla Bocca della Verità. La festa, però, non è ancora finita. La gente spera in una presentazione in stile Dybala, ma in ogni caso ci sarà l’Olimpico – tutto esaurito venerdì contro il Milan – per spiegare a Lukaku com’è il cuore di Roma.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini, C. Laudisa
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