Oh, magari a fine stagione le metteranno una vicina all’altra, per vedere se si assomigliano. C’è Francesco che la Scarpa d’Oro l’ha vinta, nel 2007. E c’è Edin che è in corsa, un gol dopo l’altro, dieci anni più tardi. Dzeko è quarto in classifica (al pari di Icardi e altri), la rincorsa a Suarez, Aubameyang e Cavani non è semplicissima ma neppure una vetta insormontabile. Ma Dzeko è già un numero primo, almeno in una Roma che non ha altri centravanti all’infuori del bosniaco, spernacchiato un anno fa perché i gol li sbagliava, mai fino in fondo apprezzato neppure ora che riempie le partite della Roma. Sai che c’è? Che Luciano Spalletti è riuscito in questa magia qui: motivare il suo centravanti pur non avendo, quest’ultimo, lo straccio di un concorrente – neppure giovane, neppure aspirante – nell’organico giallorosso.
PIÙ AVANTI – Dopo Nainggolan Dzeko è il giocatore con il minutaggio più alto della Roma. Perché anche quando dovrebbe riposare, alla fine gioca sempre lui. E segna, come col Cesena, gol numero 22 in stagione, in 31 partite disputate. Mica male come musica di sottofondo a questo scenario: né Totti nell’anno della Scarpa d’Oro (18 reti), né Batistuta nella stagione del tricolore giallorosso (20 reti) dopo 31 partite avevano questo ruolino di marcia. E, se la Scarpa d’Oro per un momento volessimo trasformarla in una Scarpa «solo» giallorossa, Dzeko sta lanciando l’attacco ai bomber più prolifici degli ultimi 30 anni del club. Edin è a 22, del dato parziale s’è già scritto, il numero finale racconta di soli altri tre calciatori che all’epilogo della stagione hanno segnato di più: Totti a quota 32 (nel 2006-07, appunto), Montella (2004-05) e Delvecchio (1998-99) a quota 23.
PEROTTI STOP – Dzeko punta Totti, allora. Anche grazie a…Totti, perché se è vero che il mercato non ha portato il Defrel sperato, se Salah ha ancora da fare per alzare al cielo la Coppa d’Africa, se Perotti è infortunato ed El Shaarawy non convince mai troppo, ecco che martedì con la Fiorentina Edin e Francesco potrebbero ritrovarsi l’uno vicino all’altro, quantomeno per una buona dose di partita. Come successo con il Cesena, come accadrà ancora da qui a fine stagione. Tra un Muhammad Ali e un gigante buono, in fondo, non può non esserci sintonia. È alle spalle il tempo della concorrenza, della sofferenza di Dzeko per il continuo confronto con il capitano, ieri osannato pure dal sito Uefa: «Il Re di Roma va ancora forte a 40 anni». E decelerare non è permesso. Totti è ancora centrale, lui che qualche dubbio sul futuro ce l’ha, oggi molto più di un anno fa, a leggere dietro le sensazioni e le parole di quel «mi godo questi 2-3 mesi, poi si vedrà». La vita è adesso. È Spalletti rimasto senza Perotti: ieri ecografia a Trigoria per l’argentino, l’edema non ha permesso una diagnosi ma la lesione al flessore appare certa, piuttosto va scongiurato che non si vada oltre lo stiramento. Nuovi controlli domani, nuove carezze alla Scarpa d’Oro in programma martedì, stadio Olimpico, invitata la Fiorentina. Dieci anni sono troppo pochi per dimenticare, regalare un consiglio, prendere spunto da un compagno: in fondo, l’allenatore è lo stesso.