«Non favorevole». È questo il parere unico di Roma Capitale sul progetto definitivo riguardante il nuovo stadio della Roma, che dovrebbe (il condizionale è quanto mai obbligatorio) sorgere a Tor di Valle. Il documento è stato inviato dal Comune alla Regione Lazio il primo febbraio (numero di protocollo 18069), cioè il giorno in cui si sarebbe dovuta chiudere la Conferenza dei servizi, prima della richiesta di sospensione di un mese da parte del Campidoglio. Un documento di sei pagine in cui i tecnici del Comune spiegano quali sono le motivazioni che hanno portato a ritenere il progetto «non idoneo»: sicurezza (stradale e idraulica); carenza di funzionalità (viabilità, parcheggi, trasporto pubblico); carenza documentale e/o di contenuti (ancora viabilità, parcheggi e trasporto pubblico, commercio, ambiente, urbanistica, edilizia, strutture, opere idrauliche, tutela dei beni in carta per la qualità, strutturale, espropri).
Il documento non è ancora la pietra tombale sul progetto stadio, anche se di certo non semplifica la vita ai proponenti. Ci sono infatti delle condizioni per un parere favorevole: entro la nuova data di chiusura della conferenza dei servizi (3 marzo) dovranno essere applicate delle modifiche al progetto in modo da «assicurare adeguati livelli di sicurezza stradale, veicolare e pedonale, assicurare livelli di servizio delle infrastrutture stradali (tronchi stradali, rotatorie, intersezioni, svincoli, rampe, accessi e uscite dai parcheggi), completare la documentazione progettuale con le elaborazioni mancanti; colmare le carenze di contenuti rilevate e ridefinire il perimetro delle zone già soggette a rischio per eventi idraulici, nonché delle fasce fluviali». I proponenti, cioè il costruttore Luca Parnasi e la As Roma, ostentano una tranquillità basata su alcune convinzioni: 1) il parere è considerato un semplice atto amministrativo e non politico. La dimostrazione è che non è firmato dalla sindaca o da esponenti della giunta, ma da tecnici. Una mano tesa è infatti arrivata nella serata di ieri, con una nota pubblicata dal Campidoglio. «Sul progetto definitivo dello stadio – si legge – c’è la volontà ad andare avanti per analizzare il dossier. È stata chiesta, proprio per questo motivo, la proroga di trenta giorni. C’è una lista di temi da affrontare nel periodo di sospensione; ci sono tutti i margini per concludere positivamente»; la risposta di Civita: la conferenza di servizi valuta pareri forniti formalmente, le dichiarazioni non hanno peso né rilievo amministrativo 2) Nel documento non c’è nessun accenno alla riduzione delle cubature (leggi: le tre torri dell’archistar Liebeskind), che è il punto cardine della discussione politica sul progetto e che sarà affrontato nuovamente nei prossimi giorni in un incontro tra i proponenti, la sindaca Raggi e i suoi assessori; 3) Le prescrizioni sono considerate risolvibili e di poco conto. «La Roma e il costruttore Parnasi conservano ancora la fiducia che le istituzioni coinvolte nel processo decisionale non vorranno lasciarsi sfuggire un’opportunità che prevede un investimento destinato alla città che ammonta a oltre 1,6 mld di euro». A Boston non è ancora tempo per fasciarsi la testa. Ma bisogna lavorare intensamente per rimediare in fretta anche ad evidenti errori in fase progettazione: c’è un mese di tempo per farlo. Impresa difficile, ma non impossibile, a patto di non commettere più sbagli.