Una stanza, spezzone di video che scorrono, la tensione che si taglia con lame virtuali. Quella Armata Brancaleone chiamata Roma ha perso da meno di 24 ore una terribile partita contro il Genoa e ora incombe il derby casalingo con un Frosinone strutturato per fare meraviglie. Serve una svolta.
Sullo schermo passano immagini di cattivi posizionamenti in fase di non possesso, di palle inattive calciate male e affrontate senza nerbo, in generale di un approccio alla partita non degno di una squadra con una classifica deficitaria per stipendi e ambizioni. In questo contesto a mezza strada fra malinconia e timori, prende la parola José Mourinho, che dice alla squadra: “Vi farò delle domande sulla partita che abbiamo giocato, ma le risposte le darò io. Se pensate che stia dicendo delle cose sbagliate, alzate la mano e mi dite quello che è il vostro pensiero”.
Da quel momento – più o meno come accadde a Mosè sul Monte Sinai – viene consegnato ai giallorossi un decalogo di errori fatti e da non ripetere. Sembra quasi ovvio aggiungere che nessuno abbia preso la parola per obiettare. La sensazione è che l’allenatore portoghese non sia rimasto affatto sorpreso, e il motivo lo ha detto anche a loro: “Io so già quello che voi pensate”. Empatia straordinaria verrebbe da dire, ma anche un modo per ribadire che non si è degli Special One per caso.
È questo, in fondo, che consente a Mourinho di gestire con pugno di ferro (quando occorre) una rosa di calciatori di primo piano, pur avendo il contratto in scadenza fra meno di nove mesi. Tanti suoi colleghi, in condizioni del genere, lamenterebbero che il loro ascendente sul gruppo è minato proprio dal fatto che l’addio sembra ad un passo, ma José non cerca alibi del genere. Non è un caso che, nella lunga intervista concessa a Sky sulla sua carriera – la cui prima puntata è andata in onda ieri sera – riguardo agli obiettivi che cerca per questa stagione, alzi di nuovo l’asticella, forse perché ancora scottato dall’amarezza dell’ultima finale di Europa League a Budapest contro il Siviglia.
“Con la Roma ho vinto una coppa e mezzo – spiega, accennando alla beffa dei rigori e alle polemiche mai sopite sull’arbitraggio –. In giallorosso non sono stato capace di vincere due coppe, ma una ne ho vinta (la Conference League nel 2022) e ho ancora alcuni mesi qui per vincerne un’altra”.
Proprio vero. Per questo aspettiamoci che l’interrogatorio senza contradditorio – e quindi con chiara manifestazione di telepatia – possa andare in scena anche altre volte, se dovessero giungere nuovi e inaspettati rovesci. Una cosa è certa: Mourinho ha in pugno la Roma, intesa come squadra e come tifoseria. E per chi verrà dopo di lui – seconda Coppa o meno – confrontarsi con il suo spettro non sarà facile.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini
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