Nelle stesse ore in cui l’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, raccontava ai militanti M5S che i privati «stavolta l’hanno presa sui denti», dopo il parere negativo sfornato dal Campidoglio su Tor di Valle, da Palazzo Senatorio diffondevano una nota stampa per annunciare che «martedì prossimo, il 7 febbraio, si terrà un incontro tra Roma Capitale e A.S. Roma per discutere del progetto stadio». Con tanto di chiosa possibilista: «Ci sono tutti i margini per concludere positivamente la procedura».
«NIENTE SCONTI» – Decisamente poco possibilista sulla riuscita dell’operazione è Berdini. Che a un incontro con gli attivisti grillini alla Garbatella è stato molto netto: «Questa vicenda l’hanno presa sui denti. Non faremo sconti a nessuno, questa città va rispettata». Il responsabile dell’ Urbanistica ha fatto capire che il Comune non è disposto a varare «nessuna variante» per autorizzare l’ operazione. Confermando la linea «stadista» di una parte dei Cinquestelle romani, quelli disposti ad avallare il progetto solo in presenza di una corposa sforbiciata alle cubature: un taglio di oltre il 60% che salverebbe solo lo stadio e poco altro e che rispetterebbe i vincoli del Piano regolatore generale, senza bisogno di varianti. Ma è una cordata che ancora non ha trovato un accordo con le altre frange del gruppo pentastellato in Aula Giulio Cesare. Cioè con i «turbo-stadisti», un contingente piuttosto esiguo che vorrebbe fare lo stadio senza modificare più di tanto i metri cubi per le opere private, e soprattutto con gli ortodossi del M5S, contrari senza se e senza ma a Tor di Valle, per rispettare la linea del «No alla speculazione» sbandierata prima sui banchi dell’ opposizione, durante la consiliatura Marino, e poi per tutta la campagna elettorale.
LE CONTRADDIZIONI – Il contrasto tra le parole di Berdini e il comunicato del Campidoglio svela proprio le contraddizioni della maggioranza pentastellata, che non ha ancora trovato la quadra al suo interno. Anche se il tempo per cercare un accordo «politico» con i proponenti è quasi scaduto.
Cassato dal Comune di Roma nel parere spedito due giorni fa alla Regione, per il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle è scattato il countdown che porta alla seduta finale della conferenza dei servizi: il 3 marzo l’organismo convocato dalla Pisana dovrà decidere se bocciare o approvare l’ operazione immobiliare sognata da James Pallotta e dal costruttore Luca Parnasi. E il fattore tempo, a questo punto, diventa decisivo. Perché sia il Campidoglio che la Città metropolitana hanno depositato due documenti che stroncano in modo molto netto il progetto, indicando una sfilza di correzioni che dovrebbero essere apportate in meno di un mese dai privati, per riuscire a tramutare la bocciatura in un via libera.
TEMPI STRETTI – Ma il tempo a disposizione dei proponenti, come detto, è agli sgoccioli: il Campidoglio, il 31 gennaio, ha già strappato una proroga di 30 giorni della conferenza e la legge non consente altri rinvii. Agli atti poi vanno consegnati i progetti definitivi di tutte le modifiche – non basta un semplice studio di fattibilità. Ecco perché, nonostante l’ottimismo che trapelava giovedì da ambienti vicini a Pallotta, oggi la strada per far sopravvivere il progetto Tor di Valle sembra strettissima, come conferma anche l’ Ordine degli ingegneri di Roma. «Le problematiche evidenziate dal Comune di Roma sono rilevanti e da approfondire», sottolinea la presidente dell’ ordine, Carla Cappiello. «Si tratta di aspetti tecnicamente affrontabili – aggiunge – Nell’arco di trenta giorni si potrebbero presentare proposte adeguate, soprattutto in tema di trasporti e viabilità. Ma un tempo molto più lungo, trovata la soluzione, sarebbe poi da dedicare alla progettazione, che non potrebbe esaurirsi da qui alla Conferenza dei Servizi del 3 marzo». Insomma, ammesso che i progettisti ingaggiati dai privati riescano a colmare tutte le lacune indicate da Comune e Città metropolitana, secondo gli esperti dell’Ordine degli ingegneri sarebbe impossibile riuscire a consegnare in tempo gli elaborati definitivi, che pretendono un livello di dettagli estremamente sviluppato.
E le modifiche da apportare sono tante. Come hanno scritto i tecnici del Comune, il progetto ad oggi non garantisce «le condizioni di sicurezza stradale», ci sono «parcheggi in curva» e «un’eccessiva concentrazione di varchi sulle rotatorie»; insomma tutta la viabilità sarebbe da ridisegnare per evitare che la circolazione sul Raccordo vada in tilt. Una sequela di «carenze funzionali» è stata individuata nel piano trasporti, considerato «non adeguato» dal dipartimento Mobilità, a partire dal capolinea della Roma-Lido che è troppo piccolo. Poi c’è il pericolo di inondazioni considerato che l’area di Tor di Valle è stata classificata al massimo rischio idrogeologico, tanto che lo stesso Campidoglio ha imposto ai privati di «ridefinirla» se vogliono sperare che la procedura vada avanti. Resta poi il tema delle cubature spropositate, che superano di due terzi i limiti del Piano regolatore e che verrebbero destinate per l’86% a opere che con lo sport non c’entrano nulla: alberghi, uffici, negozi e ristoranti. Proprio attorno alle cubature record ruota la discussione i tra i Cinquestelle romani.
IL GOVERNATORE – Contro il Comune ieri ha parlato il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, prendendosela con il parere non favorevole espresso da Roma Capitale solo 24 ore dopo avere chiesto una proroga alla conferenza dei servizi. «Sono rimasto colpito, questo gesto si può anche raccontare come uno sgarbo, non istituzionale, ma al sistema. Quando si protocollano giudizi di questo tipo, e in maniera del tutto inaspettata data la richiesta di sospensione – ha aggiunto Zingaretti – è evidente che siamo in un campo in cui mi riesce difficile comprendere ciò che sta avvenendo». Secondo Zingaretti, la Conferenza ora «deve acquisire tutti i pareri, ma non sulla base delle intenzioni e degli auspici, ma sulla base degli atti amministrativi».