Uno sguardo al cellulare, perché quello che arrivava anche in campo, durante i primi 45’, era così drammaticamente assurdo da cominciare a prendere la consistenza della verità man mano che passavano i minuti. Uno sguardo negli occhi, perché a vole la conoscenza fa più di mille parole: Lindelöf conosce bene Lukaku e viceversa, i due capitani sono amici e sono stati compagni di squadra nel Manchester United.
Uno sguardo che arriva fino all’arbitro, il nostro Maurizio Mariani, che con tutta la sua squadra aveva già compreso cosa era successo, troppi messaggi dall’Italia. Un richiamo a VAR e AVAR (Di Paolo e Maresca), che erano nel compound appena fuori lo stadio, in quel VOR da… campo che in Italia è stato sostituito (non ovunque) dall’IBC Center di Lissone, la volontà di rimanere uniti in quei momenti.
Intanto, fra i giocatori, qualcuno prova a salire le scalette del Re Baldovino, Domenico Tedesco e Jan Andersson (a lui pare sia arrivato il primo messaggio, durante il primo tempo, di quanto accaduto in centro città) sono già d’accordo quando anche gli altri giocatori del Belgio, vedendo le raccapriccianti immagini dell’attentatore che colpisce a sangue freddo i due poveri tifosi svedesi, gli occhi lucidi e l’animo in subbuglio, non hanno esitazioni: «Chiudiamola qui». Ed è anche l’intenzione delle due Nazionali, i Diavoli Rossi e la Svezia, di non farla più proseguire questa gara che ha adesso l’odore amaro della morte. (…)
(…) Nel momento in cui si è presa la decisione di sospendere la partita, oltre a Mariani, Lukaku (che con Mariani ha parlato in italiano) e Lindelöf (la cui moglie, Maja Nilsson, aveva appena scritto su Instagram di volere il marito a casa il prima possibile), ai due ct, Tedesco e Andersson, ci sono il delegato della Uefa, lo svizzero Luca Zorzi, il direttore tecnico della Royal Belgian Football Association, Franky Vercauteren, e soprattutto Jan Vertonghen. Con loro, ovviamente, i responsabili della sicurezza e delle Forze dell’ordine, la situazione è drammatica, l’attentatore, Abdesalem Lassoued, è ancora in giro per la città.
Per questo motivo, nessuno può lasciare lo stadio, non le squadre, neanche Mariani, che nel frattempo ha chiamato la moglie Noemi (è papà di Mia, nata nel 2014) e la sua squadra. Ognuno ha provveduto a rassicurare i propri parenti. Scartata da subito anche l’ipotesi di giocare ieri i restanti 45 minuti. La Svezia lo dice chiaramente, non hanno voglia di rimanere un’ora in più a Bruxelles, il dolore e l’insicurezza sono i sentimenti che regnano nel gruppo gialloblù. Prenderanno in piena notte il volo charter dall’aeroporto di Zaventem che li riporterà in Patria, (…).
I giocatori del Belgio, subito dopo la doccia, cercando di raggiungere i parenti che sono sulle tribune. Li segnalano agli uomini della sicurezza, che li fanno scendere nel ventre dello stadio. Quando la Polizia darà l’ok, molti torneranno a Tubize, dove c’è il centro tecnico federale. Gli ultimi a lasciare gli spalti del Re Baldovino sono stati i tifosi della Svezia, molti ancora in lacrime. Hanno atteso anche due ore e mezza prima di potersi muovere.
La Federale Politie li andrà a prendere nel settore riservato agli ospiti, li farà passare dalla pista d’atletica e poi nel tunnel che di solito ospita le squadre prima di entrare in campo. Appena fuori lo stadio ci sono i pullman che li attendono. Gli doneranno addirittura le magliette del Belgio per mimetizzarli il più possibile con la folla. Con la voglia di andarsene lontano da lì….
FONTE: Il Corriere dello Sport – E. Pinna
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