Ha ventiquattro anni, il baffetto anni ’70, e di professione fa il portiere a mezzo servizio. O se preferiamo, portiere di notte, l’addetto alla Coppa. Mile Svilar – che due anni fa è arrivato alla Roma per sostituire Fuzato, che come lui non ha avuto tante opportunità di mettersi in mostra – oggi può dare fiato al collega Rui Patricio, che si sta riprendendo solo ora da un brutto inizio stagione.
Per ora, Mile si accontenta degli sprazzi di gloria che lo Special gli concede, quest’anno va meglio della passata stagione, quando lo abbiamo visto solo alla prima di Europa League (in casa del Ludogorets) e nel finale di stagione in campionato (contro Bologna, Fiorentina e Spezia), prima del doloroso epilogo europeo di Budapest.
Mile è il figlio dell’ex portiere della nazionale jugoslava, Ratko Svilar. Una presenza ingombrante, il papà è una celebrità del calcio, sì in Serbia ma soprattutto in Belgio: ha partecipato (da riserva a Euro ’76 e al Mondiale ’82, collezionando più 243 presenze con l’Anversa, smettendo di giocare a 46 anni). Ratko gli fa da consigliere, da motivatore, da manager. Un papà presente.
“Mi sento migliorato dal punto di vista mentale. Ho lavorato un anno e mezzo con Nuno Santos e va sempre meglio. Mi sono abituato a lavorare con la squadra, a giocare, mi sento più maturo e più portiere. La scuola italiana? Io conosco quella portoghese. Il mio futuro? Sono giovane, devo sfruttare le occasioni che mi vengono date. Devo pensare a migliorare, lavorare giorno per giorno. Sono concentrato sul domani, il prossimo anno vedremo”.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni