Non fosse stato per l’altalena del risultato di Tiraspol, con lo Slavia capace di imporsi solo al 95’ contro una squadra che i cechi avevano battuto 6-0 nella gara d’andata, probabilmente il carico emozionale negativo derivato dalla partita della Roma a Ginevra sarebbe stato inferiore.
E invece quell’idea così duratura di poter riprendere la testa della classifica praticamente fino all’ultimo secondo di gioco, frustrata inizialmente dalla vittoria che stava sfuggendo e poi, definitivamente, dal 3-2 dello Slavia, ha avuto un effetto non secondario sulla delusione. E come spesso succede, dopo una partita deludente della Roma, ci si divide nell’individuazione dei “colpevoli”, il gioco più in voga nel calcio moderno delle chiacchiere poco approfondite.
Non sfugge al banco degli accusati l’allenatore per l’inveterata questione della brillantezza del gioco. Anche se stavolta alla Roma non si può rimproverare né l’atteggiamento tattico (col baricentro decisamente alto), né la qualità della manovra (58% di possesso palla e 13 conclusioni), né l’impegno generale (sotto il profilo individuale invece qualcuno ha sbagliato decisamente partita).
Se poi vogliamo trovare un dato ancora più specifico, basta riguardare con attenzione il film delle occasioni costruite tra primo e secondo tempo per avere un’idea dell’approssimazione delle conclusioni che non possono in alcun caso essere addebitate all’allenatore e che spesso non finiscono neanche nel tabellino dei dati statistici.
Ad esempio, della clamorosa doppia occasione mancata a porta vuota nel primo tempo, con l’assist di El Shaarawy solo sfiorato da Dybala prima e Lukaku poi, non c’è traccia nel profilo statistico della sfida, visto che l’azione non ha partorito neanche un tiro verso la porta. Del primo tempo basterebbe citare il destro sbagliato dal belga a porta spalancata poco dopo il gol del vantaggio: se avesse inquadrato la porta, il doppio vantaggio avrebbe inevitabilmente dato un senso diverso alla partita.
E nel secondo tempo le occasioni sono piovute come l’incessante pioggia di Ginevra. Citando a memoria, possiamo partire dalla fitta rete di passaggi precisi e ravvicinati costruita subito dopo il gol di Bedia, culminata poi con la profondità trovata per El Shaarawy, il cui cross sul secondo palo verso Celik è stato troppo anticipato, altrimenti il turco avrebbe segnato a porta vuota. Al 14’, dopo il fallo non fischiato a Dybala e la ripartenza svizzera sventata da Svilar, allo stesso Celik si è aperta un’autostrada su un pessimo allineamento difensivo, ma Paredes l’ha clamorosamente ignorato.
Gli errori di Dybala fanno notizia più per la loro rarità che per la strana scelta delle conclusioni: prima il sinistro di prima poco sopra la traversa dopo un rimpallo fortunoso, e poi il tiro fiacco col portiere praticamente già a terra sulla bella imbeccata verticale di Lukaku. A un certo punto ricordiamo El Shaarawy andare al tiro (sballato) con nell’ordine da sinistra a destra pronti a ricevere un assist neanche troppo complicato Pellegrini, Lukaku, Dybala e Bove (e lì a Mou è partito col braccio un significativo “vaffa”).
C’è poi l’assist da destra di Dybala per Paredes che appena fuori la lunetta e senza alcuna pressione ha calciato in curva, ci sono i tre cross stralunati di Spinazzola (39’, 40’, 45’), c’è lo scarico di Belotti per Pellegrini leggermente arretrato, con il capitano che prova a deviare lo stesso col tacco di fatto togliendo la palla dalla disponibilità di Renato Sanches che arrivava tutto solo a centro area e infine l’affrettato destro in diagonale dello stesso Pellegrini a tre dal termine. Poi ci si può arrabbiare e individuare l’allenatore tra i colpevoli della mancata vittoria, ma la realtà dei fatti dice altro.
Dice: ma è possibile che l’allenatore non sia mai colpevole? Ma nessuno sostiene questo. Anzi, probabilmente il portoghese potrebbe lavorare di più (o meglio) sulla qualità della manovra, intensificando gli allenamenti sulle soluzioni dello sviluppo dal basso e sul medio, insistendo magari ancor di più su quei giocatori (tipo Ndicka, Celik, a volte persino Paredes) che faticano a rischiare riducendo il numero dei tocchi e cercando linee di passaggio che favorirebbero una maggior rapidità di fraseggio e dunque una migliore efficacia del palleggio.
Rinunciando alle uscite dal basso non sempre si riduce il fattore di rischio delle transizioni letali. Non è possibile trovare statistiche in grado di stabilire con certezza la reale convenienza di un inizio azione fraseggiata dal portiere rispetto al numero dei rinvii lunghi. Però è un fatto che non finirà in alcuna statistica il fatto che la Roma abbia preso gol proprio dopo un rinvio dal fondo lungo di Svilar.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco