Messaggio per le altre due naviganti ai piani alti della classifica: c’è ancora vita in questa Roma, ripiombata al secondo posto davanti al Napoli. Il poker Dzeko-Fazio-Nainggolan-Dzeko calato in faccia alla solita Fiorentina incompiuta di Paulo Sousa, persino bella per un po’ ma totalmente incapace di pungere, vale il ritorno alle spalle della Juve, lo storico record di 14 successi consecutivi casalinghi e il ragguardevole dato di 96 punti messi in cascina in 42 partite di campionato del secondo governo Spalletti. Con tanti saluti, per ora, a chi tra il ko con la Samp e il sudatissimo passaggio di turno in Coppa Italia aveva intravisto delle crepe nell’impalcatura giallorossa. In testa alla Scarpa d’oro Dal gioco di specchi tra Spalletti e Paulo Sousa, fatto di 3-4-2-1 speculari, «tre e mezzo» reciproci in difesa, esterni a tutta fascia e la maggior parte degli interpreti senza un posto fisso in mezzo al campo, alla fine del primo tempo spunta la sagoma da attaccante puro di Dzeko, momentaneamente in testa con Aubameyang nella graduatoria per la Scarpa d’oro.
E pensare che, se non contasse il dato di un raccolto inesistente rispetto al seminato, non proprio un dettaglio nel calcio, la prima mezz’ora della Fiorentina sarebbe quasi da grande squadra. Con Borja Valero e Chiesa che sfondano quando vogliono le linee difesive romaniste e il duo Badelj-Vecino a presidiare il centrocampo, la bella, ma incompiuta, banda di Paulo Sousa commette il reato di non andare fino in fondo. Babacar lotta ma non morde, Bernadeschi esagera troppo con i colpi ad effetto e la Roma si salva. Anzi, approfittando di qualche crepa sulle vie laterali viola (Maxi Olivera), riesce pure ad organizzare una controffensiva. Morale della favola del primo tempo: creano più occasioni e hanno il pregio di concretizzarne almeno una, con l’un tempo tanto vituperato Dzeko, nel quarto d’ora finale di loro dominio. Il copione non cambia di una virgola neanche nella ripresa: Fiorentina più interessata a palleggiare che a creare reali pericoli e Roma molto più incisiva.
La capocciata di Fazio, pescato dal secondo assist di giornata (quarto in stagione) di De Rossi, la zampata in contropiede di Nainggolan e la doppietta di Dzeko (17 gol in campionato, 24 in stagione) arrotondano le lamentano, le crepe societarie (leggi instabilità che si è creata in attesa del closing) diventano più visibili ed è più facile creare casi dal nulla. «Questo è il momento di dimostrare, compreso me, di possedere l’orgoglio per allenare e giocare nel Milan per il presente e per il futuro», è il proclama dell’allenatore che su suggerimento di Berlusconi fa sapere di non interessarsi molto a ciò che dicono i mezzi di informazione. La sfida con il Bologna di stasera diventa fondamentale per non perdere le certezze acquisite nell’andata e non rivivere i fantasmi della scorsa stagione. La rosa è però ristretta a causa della squalifica di Sosa e degli infortuni, quindi serve adattamento. Il primo problema da risolvere è in attacco, dove restano in ballo Bacca e Lapadula. Berlusconi spinge per vederli insieme dal 1’, ma il tecnico non sembra intenzionato a cambiare modulo.