Era iniziato tutto con la citazione di Marco Aurelio nel giorno della sua presentazione, nello splendido scenario della terrazza Caffarelli, quel “Nulla viene dal nulla e nulla ritorna nel nulla” che lo aveva già intriso di romanismo nel suo primo giorno nella Capitale. È finita invece con un’altra citazione, stavolta molto più moderna, quel “qualcuno pensa che mi chiami José Harry Mourinho Potter”, un riferimento al maghetto che aveva già utilizzato ai tempi del Real Madrid.
Se in campionato le prestazioni non sono mai state all’altezza, in Europa la Roma ha toccato praticamente il cielo con un dito. E se non ci fosse stato di mezzo Taylor e quella maledetta finale di Budapest, Mou sarebbe diventato immortale nella Città Eterna. “Avremmo vinto per due anni di seguito un coppa europea, avremmo giocato la Supercoppa e poi la Champions. In condizioni normali il 2023 sarebbe stato un anno storico, ma il dio del calcio non ha voluto. Diciamo così, anche se poi è stata la giornata storta di un arbitro top”.
Ma quel che resterà per sempre di Mou è la sua empatia con i tifosi della Roma, un amore viscerale. “Ho allenato e vinto in tanti posti, ma l’amore che ho trovato a Roma non lo ho trovato da nessuna parte”. Concetto ribadito anche al cardinal José Tolentino de Mendonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, portoghese come lui. “Continuo a voler vincere come o più di prima. Ma prima mi concentravo solo su me stesso, adesso penso a far felici i tifosi”. Che lo ricorderanno sempre come qualcosa di speciale.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – A. Pugliese