Se José Mourinho veniva considerato un maestro a livello comunicativo, Daniele De Rossi sta dimostrando di essere sulla strada giusta. Del resto, anche da calciatore difficilmente sbagliava un colpo a livello dialettico e la stessa cosa sta succedendo adesso, che siede da circa 50 giorni sulla panchina della Roma. Solo che rispetto a chi l’ha preceduto – lo Special One – quella di De Rossi è una comunicazione diversa: più inclusiva e meno divisiva, più distensiva e meno aggressiva. Insomma, un altro stile, un altro modo di comunicare.
Che, ad oggi sta dando i suoi frutti. Se poi lo farà anche in futuro, è ancora presto per dirlo. “Se sarò davvero pronto per fare questo lavoro lo scopriremo solo a maggio. Ma io non avevo dubbi di poterlo già fare, per come ho lavorato e per come mi sono aggiornato“, ha detto ieri DDR.
Ed allora la sfida di oggi contro il Brighton dell’amico De Zerbi sarà un ulteriore banco di prova, De Rossi ha usato parole diverse da chi l’ha preceduto, Mou appunto, che prima dell’arrivo di Lukaku aveva detto: “Per arrivare in Champions League serve fare un’impresa, la Roma oggi è da quinto-ottavo posto“. Poi, certo, con l’arrivo di Big Rom anche Mou ha raddrizzato il tiro, sottolineando però sempre i tanti problemi della rosa giallorossa. Ieri, invece, De Rossi è stato diretto, ma su un altro spartito: “Questi calciatori possono lottare per la Champions con qualsiasi allenatore. Il loro valore è di una squadra che non può arrivare sotto il quarto posto nel campionato italiano“.
Altra differenza, rimarcata in precedenza, quella delle trasferte. Per Mou erano un problema (“C’è gente a cui piace il conforto di casa, perché gli manca la mamma o il dolce della nonna“), per De Rossi no: “Vedo giocatori di personalità, che in trasferta hanno vinto, che ci hanno portato in finale in Europa giocando anche fuori casa. Cristante e Spinazzola hanno vinto un Europeo vincendo una finale contro l’Inghilterra a casa loro. Non ho una squadra che viene dall’oratorio…“.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – A. Pugliese