(…) “Amo scoprire usi, costumi diversi dai nostri. E in Italia era esattamente la stessa cosa e dopo sei mesi parlavo italiano. Sono stato lì tre anni e volevo vivere nel centro di Roma, anche se dovevo viaggiare un’ora per raggiungere il sito di Trigoria, ma volevo svegliarmi ogni giorno ed essere in mezzo al Foro Romano. “Ho aperto la finestra, ho visto le rovine e ho preso la ‘pelle d’oca’ …” racconta Javier. Sì, pelle d’oca.
(…) Quando Pastore parla di questo tempo si riferisce all’inattività che esso comporta. Javier non sa se è ancora un calciatore o no. In questi giorni sta per rinunciare alle stampelle che lo accompagnavano quasi un mese fa, quando venne operato all’anca sinistra all’Ospedale Vithas di Madrid. “Non ne potevo più. Mi svegliavo con il dolore e i primi passi erano già un calvario. Sedersi, chinarsi, salire in macchina, faceva sempre male. Era una sofferenza quotidiana. La mia testa mi diceva ‘basta, per favore…’ Non volevo più soffrire. Continuando a giocare a calcio ho allungato i tempi, ho provato tante cose, terapie innovative, e alla fine ho fatto da cavia per tante cure che apparivano… Ma niente, nessuna con il risultato sperato. Sì, mi hanno migliorato così ho potuto allenarmi e giocare, ma non hanno mai migliorato veramente la qualità della mia vita. Ho giocato a un gioco e poi sono dovuto restare a letto per due giorni a causa del dolore che provavo”, racconta.
Il calvario è iniziato nell’ottobre/novembre 2019, a Roma. “Ho fatto un’artroscopia all’anca nel 2020. Sono migliorato molto, ma impattare nuovamente un’anca danneggiata è stato molto dannoso. Il dolore tornò e aumentò finché giocare a calcio non fu più un piacere. Era una punizione. Ho sofferto in campo e ho sofferto anche dopo: non potevo nemmeno giocare con i miei figli. Ora ho avuto una sostituzione completa dell’anca sul lato sinistro. Femore e acetabolo in ceramica. Il tutto incapsulato a pressione, senza viti né colla, e questo velocizza i tempi di recupero. Sono stato operato martedì e mercoledì stavo camminando. E senza dolore. Dopo la riabilitazione, che faccio ogni mattina… vita normale. Incredibile, poter dire vita normale… mi ha fatto cambiare idea. Sono felice”. Si illumina quando viene riscoperto. (…)
“La mia testa oggi non pensa a giocare di nuovo a calcio, voglio solo recuperare e stare molto bene. E se mi sento bene a correre, forse avrò voglia di correre di nuovo. E solo allora lo prenderei in considerazione. Perché, è vero, non vorrei finire la mia carriera in questo modo. Se non sento dolore, penso che mi verrà la voglia di giocare ancora un po’. Giocare a calcio è quello che faccio da quando avevo 5 anni…” (…)
FONTE: La Nacion – C. Grosso