È la fame, la chiave. Di questo parla Daniele De Rossi Pubblicamente e privatamente. Lo ha fatto ieri, in conferenza stampa, sospeso tra la stretta attualità («Abbiamo due partite da vincere, non ho tempo per pensare ad altro») e la prospettiva di costruire nel futuro una Roma a sua immagine e somiglianza con un gruppo di giocatori il cui minimo (e massimo) denominatore comune sarà proprio la fame, quella che dovrebbe portare la Roma oggi a vincere la partita contro il Genoa e quella che servirà al futuro gruppo di giocatori selezionati da De Rossi di regalare quelle soddisfazioni che quest’anno sono state negate.
Se poi la buona sorte – perché adesso è a questo che dobbiamo votarci non dipendendo più solo dai risultati della Roma la possibilità di acquisire il diritto a disputare la Champions League del prossimo anno – regalerà al futuro direttore sportivo anche una diversa possibilità di investimento è questione che quasi non sfiora l’allenatore. Lui vuole costruire un gruppo di giocatori affamati, non conta perché ma conterà come. E se qualcuno, insomma, aveva dei dubbi riguardo al fatto che Daniele De Rossi potrà o meno pretendere dal proprio presidente un gruppo costruito per vincere, le fiamme negli occhi di Daniele nel momento in cui rispondeva a questa domanda dovrebbero averlo convinto.
Del resto è una vita che vengono sottovalutate le sue potenzialità prima da talento delle giovanili della Roma, poi da giovane centrocampista, poi da leader, poi da capitano e ora da allenatore: quelli che credono solo quando vedono dovranno aspettare ancora un po’; quelli che si fidano di quelle fiamme negli occhi ieri si sono sentiti abbastanza rassicurati; gli altri, quelli che già sanno il valore di quest’uomo, si erano già esaltati nel giorno dell’annuncio dell’ingaggio con il comunicato di Dan Friedkin. A loro non serve altro.
In attesa dell’altro comunicato, quello che definirà i dettagli dell’accordo contrattuale che durerà (almeno) tre anni, Daniele deve provare a chiudere in bellezza il primo tratto della sua nuova carriera da allenatore della Roma. Poteva essere straordinario se tutti i dettagli avessero funzionato soprattutto nel doppio confronto con il Bayer Leverkusen, resta comunque un percorso di livello altissimo alla luce delle tre successive qualificazioni in Europa League contro squadre che avevano i favori del pronostico e soprattutto della media punti garantita da quando si è seduto su quella panchina. Battendo anche Genoa ed Empoli supererebbe la media di due punti a partita che rapportata ad un intero campionato consentirebbe alla Roma già di far parte dell’élite del calcio nazionale.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco