«Assolutamente non sono tifosa della Lazio. Non so neanche indicare i nomi di tre giocatori». Margherita Eichberg, soprintendente alle Belle Arti, e finita nell’occhio del ciclone per la decisione di far partire l’iter per apporre il vincolo «Flaminio» anche sull’ippodromo di Tor di Valle.
Italia Nostra rivendica di aver richiesto l’apposizione di questo vincolo a gennaio. Italia Nostra chiede e la Soprintendenza ubbidisce? «Non ci siamo mica svegliati il 23 gennaio. E’ lo stesso giorno erano già stati convocati i comitati di settore anche per parlare delle tribune. Quando è arrivato il progetto definitivo ci siamo resi conto dell’importanza di queste tribune».
Architetto, ci sono molte domande: perché non l’avete detto nella Conferenza di Servizi preliminare e lo dite solo ora? Sull’ippodromo c’è uno dei vostri atti, di novembre 2014, in cui chiedete notizie sulle modalità di demolizione. Dove sono gli atti di istruttoria al vincolo? «Agli atti abbiamo tutto: i verbali della seduta dei comitati tecnico scientifici e il resto delle carte, compresa la bibliografia e le foto d’ epoca».
Recentemente ha dichiarato che il Comune aveva già vincolato l’Ippodromo con la Carta della Qualita. Pero la delibera di pubblico interesse ha già stralciato l’opera. Intendete decidere voi al posto di un’assemblea sovrana? «Siamo noi a dover decidere di un bene culturale. Sono i Comitati tecnici a confermarci l’ opportunità di apporre il vincolo il 23 gennaio».
Quindi avete deciso il 23 gennaio 2017 di apporre un vincolo che negli ultimi 3 anni non avevate mai deciso? «Nel 2014 è arrivato in Soprintendenza uno studio di fattibilità. C’era in linea di massima descritto quel che doveva esser fatto; l’ippodromo era descritto in maniera molto molto sommaria quindi non ci siamo accorti di quello che si trattava».
Veramente era scritto chiaramente che l’ippodromo doveva essere demolito: non ve ne siete mai accorti? «Non era chiarita, non tanto la demolizione dell’ ippodromo quanto il suo valore. In questo i proponenti sono stati superficiali perché non volevano attirare l’attenzione su un’opera di architettura contemporanea».
La Soprintendenza ha bisogno che siano i proponenti a dire «vogliamo abbattere un’opera che però è bellissima» e di cui voi avete tutta questa grande bibliografia? «Cosi dicono le norme. Ne abbiamo preso piena coscienza solo a fine settembre. Da allora ad oggi abbiamo lavorato su questa iniziativa cosi sgradita ma condivisa con i Comitati e il Direttore generale».
Con lo stesso studio di fattibilita 2014 la Regione Lazio si è accorta che lo svincolo autostradale sarebbe ricaduto in un’area vincolata, la Tenuta dei Massimi, e ha preteso (e ottenuto) che questo venisse spostato. Voi invece avete avuto bisogno di tre anni per accorgervi del valore immenso dell’ippodromo? «Nel 2014 avevamo avanzato forti criticità sulla Superficie Utile Lorda che si andava a collocare nei pressi della via del Mare. Quanto un proponente legge “criticità” chiede indicazioni e chiarimenti. E questo non è avvenuto».
Nelle vostre carte c’è scritto “parere favorevole”, non “parere contrario non superabile”… «Era uno studio di fattibilità e noi abbiamo dato gli indirizzi affinché il progetto potesse essere definito al meglio».
Quali investimenti intende fare la Soprintendenza per rendere visibile e visitabile la splendida tribuna dell’ Ippodromo? «E’ un bene privato. Non possiamo intervenire su beni privati a meno che non siano pericolanti e solo per metterli in sicurezza».
Come i famosi tubi innocenti che stanno sulle mura di Roma? «Ma magari avessimo i soldi per riparare. Io auguro a tutti i tifosi di non farsi strumentalizzare ma di trovare imprenditori che abbiano voglia di fare uno stadio senza fare danni».