«Voglio diventare come Totti». Se sei nato fra gli anni ’80 e ’90 a Roma, magari nella sponda quella giallorossa, col sogno di fare il calciatore da grande, probabilmente questa frase l’avrai detta o pensata centinaia di volte. Eravate tu, il pallone, i tuoi amici, i tuoi avversari. Così è cresciuto anche Gemitaiz, nome d’arte di Davide De Luca, uno dei rapper più iconici di tutta la scena hip-hop italiana. Davide ha iniziato nel campetto, quando il pallone veniva prima di tutto. Solo col tempo è passato alla musica e agli studi di registrazione. Certificazioni, concerti, status: tutto è venuto di conseguenza. La Roma e il calcio, però, sono da sempre il suo primo amore.
Il prossimo 14 giugno inizierà il tour estivo ‘The QVC Experience’, uno show in giro per l’Italia con cui ripercorrerà tutta la saga de ‘Quello che vi consiglio’ dalla prima edizione del 2009 alla decima, uscita lo scorso 15 dicembre. Con una maglia speciale, ma ci arriveremo. Intanto iniziate a ripassare.
Gemitaiz è un classe ’88, ha vissuto appieno la carriera di Totti, lo scudetto del 2001 e il pallone è sempre stato la costante della sua infanzia e della sua adolescenza: «Quando ero piccolo, pensavo solo a quello: pallone e Roma. Ho sempre giocato fin da bambino, così come sono sempre stato un grande tifoso. Ricordo i giorni passati al campetto, dove dicevo: ‘Voglio diventare come Totti’. Adesso le cose sono cambiate, i ragazzini vogliono fare i rapper. Prima tornavi a casa, finivi di fare le tue cose il prima possibile e poi uscivi a giocare a calcio. Crescendo mi sono reso conto che nonostante io mi allenassi, fossi molto veloce, c’erano tanti altri ragazzi molto più portati di me». Stando a Roma e vivendola quotidianamente, Davide è cresciuto amando spasmodicamente la squadra giallorossa.
Un amore messo a dura prova negli anni, ma che è sempre tornato più forte e viscerale: «Io sono sempre stato un grande tifoso, ma verso il 2018-2019, mi ero estraniato perché mi incazzavo troppo. Stavo davvero male, mi dicevo: ‘Sì, ma io non posso stare così nervoso per una squadra di calcio’. Così ero arrivato ad un punto in cui non avevo davvero idea di chi giocasse o allenasse la Roma. Mi guardavo giusto qualche partita con gli amici, ma ormai non mi faceva più né caldo né freddo: si era creato un certo distacco, anche perché ero sempre in giro fra concerti, tour, date con la mia musica, quindi era più facile essere spensierati». Come sempre, però, i grandi amori ritornano: «Durante la pandemia, però, ci sono ricaduto con tutte le scarpe: non potevo fare niente, ero bloccato e quindi la domenica è tornata ad essere un appuntamento fisso. Eravamo io e la Roma, ancora una volta. Adesso sono completamente succube, come prima e come giusto che sia. Ho ricominciato a vederle tutte e a seguirla sempre già un annetto prima dell’arrivo di Mourinho. È tornata la passione, allo stesso livello di quand’ero solo un ragazzino».
Lo Scudetto del 2001, il gol di Pazzini, il ritiro di Totti, il Barça Roma e la Roma sono davvero una parte consistente della vita di Gemitaiz, nelle cui canzoni è facile trovare riferimenti al calcio, ai giallorossi, ai suoi idoli del passato. Sprazzi qua e là di calcio, un modo per mixare le sue due più grandi passioni. Come tutti i tifosi ha gioito e sofferto e per questo abbiamo deciso di farci raccontare come ha vissuto alcuni momenti topici della storia recente della Roma fra ricordi, emozioni, lacrime e fede.
«Non possiamo non partire dallo Scudetto del 2001. Per un 13enne che gioca a pallone, vedere la propria squadra vincere il campionato è stato qualcosa d’importante, un sogno. Nel mio quartiere o comunque sotto casa eravamo quasi tutti romanisti. Ricordo che appena dopo il fischio finale di Roma-Parma sono usciti con i miei amici prendendo l’autobus e Roma era nel delirio più totale. Siamo andati a Piazza Sempione, dove ci trovavamo di solito, c’erano gli autobus fermi con le porte aperte. La gente seduta sopra, al posto del numero del bus, ricordo la scritta ‘Forza Roma’. Sono stati momenti indimenticabili».
Da allora, la Roma non è riuscita a riportare il tricolore nella Capitale. Spesso e volentieri ci è andata vicina. Molto vicina. Come nel 2010, quando con Ranieri sfiora l’impresa, sfumata per ‘colpa’ del gol di Pazzini nel ko per 1-2 con la Sampdoria il 25 aprile: «Credo che Pazzini sia ancora uno dei più odiati dai romanisti dopo quasi 15 anni. Questo dice molto al riguardo, su come l’abbiamo vissuta. Pensavamo o comunque speravamo che ce l’avremmo fatta un’altra volta. Ai tempi ero più deluso che arrabbiato, adesso odierei follemente».
Dopo tre anni, arriva un’altra nota dolente: il derby in finale di Coppa Italia perso 1-0 con la Lazio. Roma è spaccata a metà. A prescindere da quella partita, per Gem il derby con la Lazio è sempre una storia a sé: «La finale di Coppa Italia con la Lazio non l’ho vissuta affatto bene, né prima né dopo. Il derby è una di quelle partite che mi fa sta veramente male. Spero sempre che finisca presto, ovviamente con una vittoria della Roma. Se però vedo che non è la partita giusta, che non vinciamo, mi auguro solo che termini. È un’agonia. Non andrei mai allo stadio in un derby, mai: penso che potrebbe venirmi un infarto. Non ce la potrei mai fare: urla forsennate, incazzature, non sarebbe un bello spettacolo diciamo. Lo soffro davvero troppo».
Quegli stessi derby che molto spesso sono stati decisi dal capitano, Francesco Totti, l’idolo d’infanzia di Davide: «Il giorno del suo ritiro non ero allo stadio, vado raramente dal momento che non posso più andare in curva. Ancora oggi, dopo 7 anni, mi riguardo il video del suo ritiro: 2-3 volte all’anno, prima di andare a letto. Quel giorno ho pianto moltissimo. Ogni tanto vedo che fa qualche torneo qua e là, fa gol senza alcun senso: è rimasto lui. È il capitano, che gli vuoi dire?». Quasi un anno dopo quel 28 maggio 2017, il giorno dell’addio al calcio di Totti, la Roma di Di Francesco e i suoi tifosi vivono un’altra incredibile serata: la rimonta contro il Barcellona. «Quella sera ero a Milano a casa della mia fidanzata dell’epoca: ho visto tutta la partita mentre ero al telefono con un mio amico. Stavamo per avere un infarto. Abbiamo segnato subito con Dzeko, così ci siamo detti: ‘Sì, se po’ fa’. Al gol di Manolas siamo impazziti completamente. È stato più bello anche di una vittoria in un derby: recuperare un 4-1 al Barcellona di Messi… e quando ti ricapita? Sono cose per cui andare fieri e che ci porteremo dietro per sempre».
Le due finali con Mou: Conference ed Europa League Negli ultimi anni la Roma ha vissuto diverse notti magiche in Europa. Con Mourinho ha centrato due finali consecutive, quella di Conference nel 2022 e quella di Europa League nel 2023. Croce e delizia, ma appuntamenti imperdibili per Gem. Anche in caso di concerti: «La sera della finale di Conference League c’era il concerto di Mace a Milano e io ero uno degli ospiti. Io l’avevo detto: ‘Non salgo sul palco finché la partita non finisce’. Io e un altro mio amico l’abbiamo vista in un camerino a parte, dove c’era una tv. Lui in realtà doveva lavorare, ma per quell’ora e mezza non ha praticamente fatto nulla. Come me. Quella partita era troppo importante: l’abbiamo vissuta così, in un camerino nel backstage, mentre fuori c’era il concerto. Siamo tornati a vincere dopo tanto, veramente tanto. E con un gol di Zaniolo: dobbiamo essergli grati per sempre. Su quella coppa, c’è il suo nome». Un anno dopo la Roma può bissare il successo ottenuto in Conference con il Feyenoord, ma le cose in Europa League contro il Siviglia vanno diversamente: «Quella sera eravamo in studio da Flavio. C’era anche il mio migliore amico che è della Lazio, stava rosicando anche lui. Un po’ di solidarietà: un conto è straperderla, un conto è uscire sconfitti così. Ero davvero incazzato, tristissimo». (…)
FONTE: Cronache di Spogliatoio