Ora che Beppe Grillo e Davide Casaleggio hanno tracciato la linea, che il progetto della Roma a Tor di Valle ha ricevuto il sigillo dei vertici perché «il Movimento non può diventare il partito del no a tutto», per il fronte anti-stadista la partita si fa molto più complicata. Un blitz che all’improvviso trasforma in una mission impossible quello che solo qualche giorno fa la base e i consiglieri ribelli consideravano a portata di mano: bloccare «la grande colata di cemento», copyright di Roberta Lombardi, alla periferia sud dell’Urbe.
A poco è valso insistere sull’ultimo parere dell’avvocatura capitolina che ha bollato come illegittima la delibera di pubblica utilità varata dalla giunta Marino, che adesso l’amministrazione Raggi porterà avanti come se nulla fosse, sebbene con qualche ritocco green. E nemmeno contestare l’incoerenza di una posizione che cozza con quelle precedenti, risalenti al tempo in cui i 5stelle stavano all’opposizione, peraltro rivendicate anche in campagna elettorale. Se Grillo e Casaleggio scendono a Roma, oltretutto per incontrare una sindaca tenuta finora a debita distanza, vuol dire che la situazione è grave e che intendono risolverla. A modo loro. Dissentire significherebbe mettersi fuori dal Movimento.
Un rischio che i leader della rivolta contro «l’eco-mostro», in particolare il presidente dell’aula Marcello De Vito e il capogruppo Paolo Ferrara, non possono permettersi di correre. Non a caso «decidete senza cedere alle pressioni esterne, questa è una scelta che dovete fare voi, senza farvi condizionare», ha ordinato Grillo guardando dritto la Raggi — «Sei una roccia», l’ha poi incoraggiata, «gli attacchi non ti scalfiscono, Roma sta rinascendo» — mentre il vicesindaco Luca Bergamo, la presidente della commissione urbanistica Donatella Iorio, l’avvocato genovese Luca Lanzalone e i due tutor Fraccaro e Bonafede disquisivano delle eventuali «opzioni alternative» per arrivare a una mediazione: realizzare comunque lo stadio, ma su un’area e con pesi edilizi diversi. È stato chiaro Grillo: su questo progetto si gioca la credibilità del Movimento come forza di governo. E siccome, oltre al consenso, sono in ballo milioni di euro di penale, non si può stare troppo a cincischiare. Perché «sì ci sono dei problemi» ammetterà alla fine uscendo, «relativi all’ubicazione e al rischio idrogeologico, ma li risolveremo».
Convinto di riuscire, anche, a far rientrare il dissenso. Tant’è che oggi pomeriggio, salvo ripensamenti, dovrebbe far ritorno in Campidoglio per partecipare alla riunione di maggioranza convocata per aggiornare i consiglieri sullo stato dell’arte. Proprio in concomitanza, e forse non è un caso, con il sit-in organizzato dagli attivisti anti-stadio per gridare: “Cara Virginia, state prendendo una cantonata!”». Ma il capo ormai ha deciso: «Roma sta migliorando», si è congratulato alla fine dell’incontro, «sarà presa la soluzione migliore per i cittadini. Decideranno giunta e consiglieri. E se l’impianto si dovesse fare saranno usati criteri innovativi che da queste parti non hanno mai visto». Addirittura commosso per aver scorto all’opera, «in strada, le spazzatrici elettriche: sembrano un sogno». A lui, evidentemente, basta poco.