Sacrificio, pazienza, qualità e romanismo. Dal Vangelo secondo De Rossi, dalla mente al cuore di Daniele, passando per quella “vena” che per anni ha pulsato e si è gonfiata di passione, di voglia, di fame. Tutto quello che sta cercando di trasmettere alla sua Roma, in versione 2.0, dopo sei mesi di rodaggio e di analisi interna, in cui rendersi conto di cosa fosse al suo posto ma, soprattutto, di cosa mancasse per sognare più in grande.
Per continuare a costruire , ma non col timore che le fondamenta non si rivelassero così solide, ma con l’ambizione, guardando verso l’alto, di aggiungere sempre un mattoncino, uno dopo l’altro, per tornare lassù, dove la Roma merita di stare. Pochi i giorni di vacanza, ogni attimo è stato dedicato alla costruzione della squadra, a recuperare qualche giorno di ritardo perso in attesa dell’insediamento di Ghisolfi.
Ma sono le idee a far la differenza e quelle, come disse pubblicamente in conferenza stampa, non sono mai mancate: «Nomi? Ne ho mille in testa». Qualcuno è già arrivato, pronto a mettersi al servizio della sua di idea di calcio e «altri ne arriveranno», come lui stesso ha confermato. Non si è scoraggiato quando l’unico 9 a disposizione era il promettente Sugamele, non ha alzato polveroni o usato i social per mandare messaggi alla proprietà.
A quello ha preferito il dialogo e il lavoro, costante e incessante, chiedendo sempre il massimo alla squadra in campo. Mancano 9 giorni a Cagliari-Roma, domani con l’Everton andranno in scena le prove generali: una squadra ancora da completare, ma un potenziale già aumentato e rinnovato. Se Dovbyk replicherà i numeri di Girona, se Soulé stupirà tutti, se Dahl non resterà solo un giovane dalle belle speranze, sarà merito del suo condottiero, che non è mai venuto meno ai suoi principi.
La corsa in più, l’esercizio in più, dall’altra l’ora in più trascorsa a preparare l’allenamento, l’indicazione in più anche nel corso dell’esercizio più banale, all’apparenza. Lo ha chiesto alla squadra, lo ha messo in campo lui, dal giorno zero di questa nuova stagione.
Mostrata a più riprese, davanti ad un mercato in stallo nelle prime fasi, davanti ad un lavoro di campo che rischiava di non portare molti frutti alla distanza, di fronte ad alcune amichevoli, servite forse a sciogliere solo un po’ i muscoli. E continua ad averne, come detto a Rieti, quasi a voler tranquillizzare tutti.
Quasi un’ossessione, nel senso più positivo possibile. La invoca a gran voce, la chiede nelle giocate, nel tocco del pallone, nei movimenti senza: vuole che sia la stella polare della sua squadra in campo e che non cali mai troppo oltre una certa soglia. (…)
PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCARE QUI
FONTE: Il Romanista – A. Di Carlo