Samir Handanovic, la rincorsa alla Champions League è davvero un’impresa disperata?
«No, tutto è ancora in ballo. Certo, le altre corrono parecchio, ci tocca allora andare più forte. La gara di domenica darà risposte importanti».
E se tutto è ancora in ballo, molto lo si deve alla sua parata su Torosidis, minuto 93 di Bologna-Inter… «E’ andata bene, quell’intervento è stato sicuramente decisivo: non sono uscito prima perché avevo visto due miei compagni ben piazzati, poi la palla è invece sbucata lì, a due passi, e d’istinto ho accorciato forte su Torosidis. La gente ricorda questa parata, sicuramente decisiva, ma dal punto di vista tecnico io a Bologna ero molto più soddisfatto per una presa bassa nel primo tempo, una palla difficile da gestire con parecchi avversari ben posizionati nella nostra area».
Quale sentenza uscirà da Inter-Roma? «Intanto spero in una bella partita, spero in particolare che alla fine si parli solo di calcio. È una gara fondamentale per noi, importantissima per loro. La Roma è infatti seconda, e non può permettersi errori in prospettiva scudetto. Sarà durissima: li ho visti rifilare in pochi giorni quattro gol a Fiorentina, Villarreal e Torino. In ogni modo, ora anche noi non siamo semplicissimi da affrontare».
All’Olimpico, la sconfitta coi giallorossi diede di fatto il via alla serie negativa che costò poi il posto a De Boer…«La ricordo bene quella partita. Fu apertissima, potevamo pure vincerla a un certo punto. Tantissime occasioni sia per loro sia per noi: su e giù, senza schemi di fatto. Perdemmo per un calcio piazzato, e uscimmo molto incazzati dall’Olimpico, perché la sensazione era quella di poter fare il grande colpo: si poteva vincere, eccome se si poteva vincere…».
La caratteristica più importante della Roma? «Conosco il modo di allenare di Spalletti. La squadra in campo rispecchia le sue idee, e si vede. Occhio a Nainggolan e alla velocità di Salah. La Roma non è comunque una squadra che vive di individualità: è forte come collettivo, è organizzata benissimo».
Lei è approdato molto giovane qui da noi. Che cos’è l’Italia per Samir Handanovic? «Ero già bello quadrato da ragazzino a dire il vero, in Italia sono però diventato uomo e cresciuto come portiere. Ormai è casa mia, prima di parlare penso in italiano, e questo è il segnale principale di quanto sia dentro la mentalità del Paese».
La più grande delusione da quando è nerazzurro? (…) «Più che non aver ancora vinto niente, mi faceva male la sensazione a priori che non saremmo comunque riusciti a competere a certi livelli. Ci sono stati stravolgimenti davvero epocali dal punto di vista societario e poco ci ha aiutati l’aver cambiato molti giocatori e tecnici. Vedevo la gente delusa per un quarto o quinto posto, e li capivo, ma in realtà non si poteva fare meglio, perché gli altri erano più forti».