Resto fortemente convinto che Paulo Dybala sia la soluzione ad ogni problema e mai diventerà un problema al quale trovare una soluzione. La sua fragilità muscolare è il tallone d’Achille di una divinità calcistica che, senza imperfezioni e limitazioni, avrebbe avuto modo di divulgare il suo sapere calcistico nei più alti palcoscenici. (…)
Mourinho e Tiago Pinto lo sanno bene, era un’occasione irripetibile da cogliere al volo, con tutte le potenziali criticità del caso. Perché uno così ti cambia il senso delle partite, sposta l’attenzione delle difese, regala giocate che, da sole, valgono il prezzo del biglietto.
Singolare, ma in parte comprensibile dal punto di vista economico, il tentativo in estate di rinunciarvi per mettere sulle spalle del giovane Soulé una pressione che, da solo, si sarebbe addirittura moltiplicata. Per fortuna (pensiero personale) Paulo è rimasto qui per agevolare questo passaggio del testimone.
Sarebbe stata la pedina in grado di risolvere i normalissimi problemi di adattamento dei nuovi al sistema di gioco di De Rossi, ma non c’è stato tempo per farlo. Adesso proverà a trascinare la Roma lontano dalle sabbie mobili. De Rossi ha provato a stimolarlo, a farlo uscire dal suo guscio, ha cercato (giustamente) anche un modo alternativo per vincere le partite, senza dover per forza di cose contare sul suo talento inarrivabile: non gli è stato dato tempo per farlo.
Juric, invece, sembra avere un approccio “mourinhano”: se lo coccola, ne esalta le infinite qualità e ne comprende i limiti, lo tutela e mai lo espone, convinto di quello che potrà dare anche nel suo sistema di gioco. Non gli chiederà mai una rincorsa in più, lo lascerà libero di disegnare il suo calcio, di mettere in condizione la Roma di vincere le partite, mettendo in conto, in quella zona, di poter soffrire in fase di non possesso, ma di avere un potenziale, con il pallone tra i piedi, che nessuno in Serie A possiede.
Da “Dybaliano” convinto, so perfettamente che un giorno il suo talento non sarà più in campo con la maglia della Roma, ma è lo stesso pensiero che abbiamo accarezzato per mesi, prima del suo struggente addio, con Totti. Quando giocatori di quel tipo dispongono sul campo la loro arte, il rischio di finire nello spettro della sindrome di Stendhal esiste, rapiti da cotanta bellezza, con un dolore quasi fisico. Ma perché preoccuparsi tanto di quando ne dovremo farne a meno e non concentrarsi sulla bellezza di quello ci propongono?
Anche in questo inizio di stagione, quando lui è in campo la Roma brilla, quando esce la luce sembra affievolirsi. Segnali incoraggianti sono arrivati da Monza, ma quando Paulo è in campo è tutta un’altra musica. Uno spartito leggibile per tutti, ma che in pochi al mondo sanno interpretare come la Joya. E allora musica Maestro, dritti verso la prossima composizione. (…)
FONTE: Il Romanista – A. Di Carlo