A chi crede in queste cose si può anche pensare che la Roma sia vittima di una qualche macumba che sta facendo scontare chissà quale peccato ai tifosi della Roma che probabilmente hanno vissuto la prima (e finora unica) gioia della stagione nella serata in cui Paulo Dybala ha dato appuntamento ai tifosi per la domenica successiva proprio nel giorno in cui sembrava invece maturo il suo divorzio dalla Città Eterna. L’appuntamento lo diede per Roma-Empoli, la prima di una lunga serie di partite cominciate male e finite peggio per la squadra giallorossa.
Non se ne abbia a male Paulo, ma visto come stanno andando le cose chissà che cosa sarebbe accaduto se invece avesse accettato il pacco di milioni arabi e avesse lasciato la Roma in quella stessa settimana, lasciando il posto ad altri giocatori che sarebbero arrivati, ad altri progetti tattici, ad altre ipotesi di squadra. Anche a questo arrivano a pensare i tifosi della Roma in questo periodo decisamente sfortunato che peraltro sta coincidendo con i parziali (e magari estemporanei) successi dell’altra squadra della capitale, addirittura in testa al girone campionato di Europa Europa League, lo stesso in cui la Roma pascola intorno addirittura al 20º posto.
A scanso di equivoci non è certo Dybala il problema della Roma di quest’anno, anzi. Lui, semmai, è sempre stata una soluzione per gli allenatori in difficoltà, prima Mourinho, poi De Rossi, adesso Juric. Tutti hanno sempre avuto il rammarico delle sue assenze, mai delle sue presenze. L’ultimo proprio giovedì sera: non è sceso in campo neanche un minuto per preservarlo in vista di Roma-Bologna. E ancora una volta la prestazione della squadra è stata decisamente al di sotto delle aspettative.
Il problema che appare più urgente è che con Juric il matrimonio sembra ormai consumato. Non nel senso che si è vissuto, ma nel senso che si è proprio logorato. E in pochissimo tempo. La partita disputata allo stadio intitolato a Re Baldovino ne è stata solo l’ultima conferma. Ancora una prova tatticamente insulsa, con la squadra sul campo allungata quando doveva restar corta e allargata quando doveva star stretta, preda delle transizioni avversarie, incerta nella fase di costruzione, poco disposta a rischiare partendo dal basso, assai esposta in ogni fraseggio in cui è mancata la millimetrica precisione delle trasmissioni. Chiara la sensazione, confermata anche nelle incerte spiegazioni fornite dall’allenatore al termine della partita, che ai giocatori manchi proprio la convinzione per poter raggiungere un risultato anche contro una squadra fiacca come quella dell’Union Saint Gilloise.
Non è neanche più semplicemente una questione tattica: se difendi a blocco basso o con le pressioni alte, se giochi a tre o a quattro, se ti schieri sulle palle inattive a zona o uomo, quando l’atteggiamento di ogni singolo giocatore è quello che abbiamo visto in diverse delle ultime partite di Juric c’è davvero poco da fare. Si vede chiaramente che i giocatori non sempre sanno quello che devono fare e quando provano a farlo non sono convinti. Certi scambi di marcature volanti non funzionano e hanno come esito quasi sempre la mimica posturale a sottolineare il reciproco rimprovero, quello che porta ogni giocatore a pensare che sia colpa di qualcun altro se le cose non funzionano.
La cartina di tornasole sono le palle inattive. A prescindere dagli errori che si possono commettere nelle valutazioni arbitrali, resta assurdo pensare che ogni squadra che provi uno schema su palla inattiva con la Roma abbia sempre notevolissime probabilità di riuscita. A Verona, ad esempio, si era capito ben prima del cross che la traiettoria sarebbe stata tenuta orientata sul primo palo, con tanti uomini a saltare davanti al portiere giallorosso per impedirgli di intervenire. Magnani ci ha aggiunto del suo, con la gomitata che ha steso Ndicka per quattro minuti, ma a prescindere dal gesto decisamente fuorilegge, è inquietante rilevare come nonostante le manovre propedeutiche (il mucchione davanti a Svilar) poi il Verona sia riuscito nell’intento, senza che una contromossa sia stata neanche tentata.
Anche i belgi del Saint Gilloise sono riusciti a pareggiare calciando forte un calcio d’angolo, in quel caso direttamente sul secondo palo, approfittando della goffa uscita dai pali del portiere giallorosso Svilar e del solito inconsistente tentativo di contrasto, stavolta di Celik. Ma già nel primo tempo c’erano state altre occasioni poi non sfruttate per un dettaglio: una punizione su cui erano andati a saltare addirittura due attaccanti belgi in splendida solitudine (al 5’) e un calcio d’angolo su cui Burgess era andato a svettare senza particolari marcature. La Roma difende a uomo e difende male, subisce i blocchi e si perde le marcature. Probabilmente anche questa è tutta una questione di concentrazione, forse le provviste mentali si sono esaurite e questo allenatore non riesce evidentemente a ricaricarle. Né sanno automotivarsi.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco