Una settimana da Dio. Chissà se Claudio Ranieri si sente così a sette giorno dal suo terzo esordio sulla panchina della Roma. Nella veste di “salvatore” della patria. «Aggiustatore», «minestraro», «mestierante». È stato chiamato in vari modi, alcuni neanche troppo urbani, eppure, conoscendolo un po’, sor Claudio Ranieri avrà risposto come al presidente Dan Friedkin sulla clausola del rinnovo automatico di Dybala: «Non me ne frega niente». Sì, perché la sua saggezza frutto dell’esperienza, che è uno dei motivi per i quali il club l’ha chiamato, e il suo senso di appartenenza per i colori giallorossi vanno oltre.
Una settimana da Dio, allora, quella che separa Ranieri dal suo esordio in panchina. Che avverrà a Napoli, in quella città dove ha allenato dal 1991 al 1993, il suo primo grande salto da allenatore, contro il Napoli, la prima della classe e tra le grandi favorite per la vittoria dello scudetto. Anche per questo servirà una settimana da Dio, per sfidare la squadra di Conte al Maradona, per cercare di uscire con i punti in classifica, piuttosto che con altri punti. Persi.
Ricostruzione. Non sarà facile, certo, ma in effetti nella sua carriera ha dimostrato questa abilità nel saper rimotivare interi ambienti, spesso difficili, facendosi amare per dedizione alla causa. Cosa che a Roma gli viene naturale, perché con il giallo e il rosso addosso ci è nato. Servirà un grande lavoro, quasi doppio, visto che Dan Friedkin si è affidato a lui anche e soprattutto, in prospettiva, come dirigente e consigliere. E lui, in questo senso, se non proprio da Dio il ruolo se l’è ritagliato, già all’indomani della sua prima conferenza: da condottiero.
Come gli riconoscono non solo gli striscioni e i murales che iniziano a proliferare in giro per quella città che sempre e per sempre dalla stessa parte ritroverà, ma anche e soprattutto la proprietà: «Sinnò nun me pijava…», si è liberato in una risata contagiosa in conferenza per rivendicare anche quell’autonomia nelle decisioni, che saranno pure sempre collegiali. Ma è lui il mastro. (…)
L’avvio non sarà semplice, appunto. Non solo perché alla prima troverà il Napoli, ma anche perché sta aspettando che tornino tutti. Ancora deve parlare con tanti giocatori, deve capire e conoscere e in alcuni casi riconoscere. Come avvenuto per il centro sportivo Fulvio Bernardini che ha trovato cambiato e migliorato da una proprietà che vuole fare le cose perbene ma che si è smarrita nell’ultimo anno (la sintesi di Sir Claudio). Ora ha le chiavi, San Pietro da Testaccio, deve “solo” chiudere la porta e aprire il portone.
Recuperare gli infortunati, rimettere ognuno al proprio posto, sia in campo che fuori, sia fisicamente che mentalmente. Anche i tifosi: che hanno ragione a fischiare se le cose non vanno bene, ma che vuole vicini e l’ha detto forte e chiaro. Anche per questo con l’Atalanta ci sarà una chiamata “alle armi” (proprio nella giornata della sua “ripresentazione” si è aperta la vendita dei biglietti per il suo ritorno all’Olimpico). Non prima però di esser stati di nuovo a Londra, a Tottenham per la gara più difficile della fase a campionato dell’Europa League. Dove Ranieri ha abitato e dove si calerà di nuovo nella sua dimensione internazionale, quella che negli ultimi anni s’è costruita anche la Roma. (…)
FONTE: Il Romanista – G. Fasan