Ci son molte cose che non riesco a capire. Una di queste è perché si parli ancora di derby romano. Nella capitale d’Italia, in quella che una volta veniva, giustamente, appellata Caput Mundi, c’è una sola squadra di calcio. La Roma. Gli altri, quelli nati al Pippanera, da molti anni hanno preso atto della loro dimensione da provinciali e si sono trasferiti in quel di Formello, amena località della campagna romana. Quelli dotati di buona memoria, ricorderanno un corteo di tifosi accompagnare il loro avvocato presso il Tribunale di Tivoli, al fine di impedire il fallimento che si stava per decretare. Loro con Roma non c’entrano e me ne potrò occupare come un tifoso viola si occupa dell’Empoli. Tra l’altro, nella mia infanzia e per molti anni successivi, mi hanno fatto anche il piacere di non presentarsi, preferendo frequentazioni a Cava dei Tirreni, Campobasso e simili. Con queste, doverose, precisazioni, la partita perfetta con i provinciali può assumere tante sfaccettature. C’è quella con Da Costa che faceva impazzire sempre il povero Bob Lovati (un gran signore). Quella dell’autogol del loro capitano, proprio in un derby di Coppa Italia di fine anni 60. Quella della vittoria a tavolino perché gli avevano staccato la luce.
Quella della squadra testaccina di Mazzone che umiliò coloro che si credevano ricchi e famosi. Quella di SuperMarco Delvecchio che per anni, con la stessa finta, riusciva a mettere a sedere per terra un grande calciatore, che loro hanno insultato volgarmente pur avendoli salvati dalla bancarotta. Quella del gol di tacco di Amantino, raddoppiato da un altro calciatore nero. Quella della quaterna dell’aeroplanino, chiusa dal sublime scavetto di Totti. Ma quella che resterà per sempre come la vittoria più bella non può che essere quella del 17 dicembre 2000. Doppio rimpallo e «Negrogo‘». Alla fine di quel campionato nacquero gli Irricucibili. La loro nuova qualifica, unita al trasferimento della sede hanno posto fine a quell’inutile farsa che solo secondo loro è la partita più importante della vita. Per noi è una noiosa gara contro una.