Non c’è alcun dubbio che l’elemento migliore che la Roma più del risultato si riporta indietro dal viaggio a Londra derivi dall’atteggiamento proattivo e aggressivo mostrato dalla squadra per tutto l’arco della partita. Il solo arrivo di Ranieri, per induzione logica e mai per qualche anticipazione verbale del tecnico, aveva convinto tutti che avrebbe automaticamente significato per la Roma una (nuova) stagione tattica all’insegna della prudenza e del baricentro basso, con l’attacco lasciato magari alle ripartenze verticali, ma senza quelle uscite in palleggio e quelle pressioni estreme che avevano caratterizzato le precedenti gestioni, quella che così tanto aveva lasciato ben sperare di De Rossi (sia pure attraverso qualche magari evitabile difficoltà di percorso) e quella decisamente irrealizzabile di Juric.
E invece proprio in un campo storicamente ostile come tutti quelli d’Oltremanica (nelle precedenti 21 esibizioni in Inghilterra la Roma aveva rimediato una sola, inutile vittoria, otto pareggi e dodici sconfitte) e contro la principale favorita dei bookmakers per la vittoria finale in Europa League, Ranieri ha sfoderato una squadra aggressiva sin dalle scelte dei titolari, verticale nel sistema di gioco (3421 con tre punte e due mediani di palleggio) e proattiva nella proposta calcistica, assai diversa nella concezione rispetto a quella di Napoli.
E il bello è che a fine partita il tecnico ha detto che delle due versioni di Roma sin qui viste è proprio quella del Maradona che non lo ha fatto sentire rappresentato: «Io avevo chiesto una prestazione di questo tipo già a Napoli, ma non sono stato capito. Così stavolta li ho presi uno per uno e ho spiegato loro che cosa avrebbero dovuto fare. E ora hanno capito quello che voglio: dobbiamo essere capaci di proporre una squadra in grado di entusiasmare i tifosi. E lo fai solo se vai all’attacco, non solo se ti difendi».
I numeri pubblicati qui a fianco testimoniano l’atteggiamento niente affatto arrendevole mostrato dalla Roma in campo: maggior possesso palla, maggior numero di palle recuperate, maggior numero di passaggi, 18 tiri totali (a 22), 7 tiri in porta (a 10) e addirittura 23 cross tentati a 12 (di cui però solo 4 riusciti, e su questo Ranieri dovrà lavorare). Ogni volta che ne ha avuto la possibilità, insomma, la Roma è ripartita, dopo aver contenuto gli attacchi del Tottenham anche attraverso le straordinarie qualità del suo portiere, Svilar, ormai arrivato a livelli di assoluta eccellenza.
Vero è che tatticamente il Tottenham di Postecoglou è una squadra che lascia decisamente giocare, soprattutto per via di una linea a 4 stretta verso l’interno che concede molto campo agli avversari sia nei possibili cambi di gioco (e Paredes ne ha approfittato spesso) sia nei cross sul secondo palo (la Roma ci ha preso una traversa con Angeliño e ci ha segnato nel recupero con Hummels). Temendo gli effetti della loro costruzione dal basso, Ranieri aveva comunque pensato di proporre pressioni vivaci, ma che non tenessero conto di marcature individuali, ma che partissero da concezioni di reparto.
Tanto per fare un esempio, le giocate di Bentancur, il play avversario, potevano essere schermate da Dovbyk tenendo magari più larghi sui centrali El Shaarawy e Dybala o proprio da uno dei due esterni in altri disimpegni, quando magari il centravanti ucraino restava più alto a disturbare la prima impostazione dai centrali Davies e Dragusin. Dove la Roma a volte ha faticato ad arrivare è stato quando ha dovuto prendere diversi riferimenti nelle rotazioni dall’esterno verso l’interno del terzino Gray e nel percorso inverno della mezzala Sarr.
Così è capitato a volte che Celik venisse risucchiato a centrocampo e Paredes fosse costretto a uscire largo, creando magari qualche squilibrio nella zona difensiva destra della Roma, dove veniva poi chiamato a mettere una pezza Hummels, ovviamente in grande difficoltà negli spazi larghi e negli uno contro uno.
Così è capitato a volte anche che Mancini venisse chiamato a controllare Son senza il supporto del quinto turco, magari risucchiato in avanti. E questo ha generato anche degli equivoci che il difensore ha cercato di chiarire sul campo direttamente con Ranieri: in particolare una volta Gianluca voleva allargarsi preventivamente per non far servire direttamente Son mentre il tecnico gli diceva di non perdere il riferimento innanzitutto centrale, che poi avrebbe fatto in tempo a chiudere sul coreano in caso di repentino cambio di gioco. Tutta la differenza insomma tra la difesa di reparto (che ora Ranieri sta provando a trasferire) e l’impostazione a duelli ricercata da Juric.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco