A Roma come a Braga, il calcio come sentimento, prima d’ogni altra cosa. Per chi, tra le lineari e a volte noiose righe dello sport, vuole andare alla ricerca di emozioni, la gara del tardo pomeriggio di oggi allo Stadio Olimpico non tradirà. Tra ricordi e paralleli, si può andare oltre l’esito dei 90 minuti, che comunque rimane la cosa più importante, con la Roma che va alla ricerca di 3 punti fondamentali per allontanare la zona di rischio e avvicinare quantomeno la qualificazione matematica ai playoff di febbraio.
Tra le storie di Roma-Braga, ci sarà l’incontro tra Claudio Ranieri e Joao Moutinho, centrocampista trentottenne, nato trequartista, passato per le fasce e arrivato alla fine in mediana. Lì nel mezzo, come canterebbe Ligabue, a gestire palloni con una qualità che non sembra scontare quanto scritto sulla carta d’identità. Certo, la tenuta fisica non è più quella d’un tempo, ma il numero 8 riesce comunque ha ricavarsi il suo spazio nel centrocampo del Braga, con 14 presenze già all’attivo in questa stagione.
A parlare per lui, però, ci pensa il curriculum, con una carriera lunga oltre 20 anni tra Portogallo – con le maglie di Sporting Lisbona, Porto e, appunto, Braga, oltre alle 146 apparizioni con la nazionale lusitana, coronate dall’Europeo vinto nel 2016 -, Premier League con i 5 anni trascorsi al Wolverhampton e Francia. Proprio alla sua parentesi oltralpe, passata tutta con la maglia del Monaco, risale la stagione vissuta al fianco di Ranieri.
Siamo nell’estate del 2013 e Sir Claudio ha appena ottenuto l’ennesima promozione della sua vita, portando il Monaco in Ligue 1. Ma non gli basta, vuole provare l’attacco al potere che, dall’anno prima, in Francia ha un nome: Paris Saint-Germain. Così, Ranieri chiede al ricchissimo presidente Rybolovlev un mercato all’altezza e, tra le richieste, c’è anche quella di portare Joao Moutinho dal Porto. Detto, fatto. Ma non basta, a fine stagione l’impresa è soltanto sfiorata. Da neopromosso, il Monaco chiude il campionato secondo, a -6 dal PSG di Laurent Blanc.
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FONTE: Il Romanista – S. Valdarchi