Poco meno di due mesi fa Luciano Spalletti aveva lanciato l’allarme: «Tra febbraio e marzo potrebbe esserci qualche problema: avremo 11 12 partite in 40 giorni e senza il numero giusto di calciatori non se ne esce». Era stato buon profeta, l’allenatore, a due settimane dalla fine del mercato. Era il 15 gennaio, tempo per correggere la rosa ce n’era, risultato: un solo arrivo, Clement Grenier, dal Lione. Non può giocare in Europa League perché già impiegato dai francesi, in campionato, in un mese e mezzo, ha avuto giusto il tempo di giocare un minuto più recupero sul 40 contro la Fiorentina.
FLOP MERCATO? – Dire che gli acquisti della Roma, tra gennaio e giugno, sono stati tutti sbagliati è falso e ingeneroso: Fazio si è rivelato, nonostante gli errori delle ultime due partite, un signor giocatore; Peres non è quello del Torino ma è un titolare fisso; Juan Jesus, dopo un avvio pessimo, ha dimostrato di essere un giocatore più che affidabile. Gli altri, invece, chi più chi meno, non sono presi in considerazione. La Roma che, al momento, è quella titolare, ha soltanto due giocatori nuovi su 11, perché Szczesny, Manolas, Rüdiger, Strootman, De Rossi, Emerson, Nainggolan, Salah e Dzeko c’erano già lo scorso anno. E le alternative più utilizzate Perotti, El Shaarawy, Totti e Paredes sono tutte vecchie conoscenze.
CHI SI VEDE POCO – Detto di Grenier, ci sono tre giocatori che, per un motivo o per l’altro, non fanno parte delle rotazioni. Vermaelen ha avuto una stagione alle prese con la pubalgia e altri guai fisici e quando ha giocato è stato quasi sempre il peggiore. Appena 11 presenze, 596’, meno di un’ora (54’) di media a partita. Non è andata meglio a Mario Rui: doveva essere il titolare e il sostituto di Digne, per Spalletti era «perfetto per la fascia sinistra, quello è il suo pane», ma paga la lesione al crociato di agosto e l’esplosione di Emerson: 4 presenze totali, in campionato, nonostante sia a disposizione da tre mesi, soltanto 3’ contro il Crotone.
GERSON E TOTTI – Non ha giocato neanche quelli Gerson: titolare a sorpresa contro la Juventus il 17 dicembre, è stato tolto dal Spalletti dopo 45’ «perché ammonito, altrimenti lo avrei tenuto in campo». Vero, forse, ma da quel giorno il brasiliano tornato indietro da Lille il giorno delle firme il campo non l’ha più visto, seduto in panchina o in tribuna a pensare, chissà, a quella maglia numero 10 che un anno e mezzo fa la Roma gli spedì per convincerlo a trasferirsi (a suon di milioni, quasi 19 per il cartellino) e diventare l’erede di Totti. Accanto a lui, spesso, c’è proprio il capitano: ha giocato 19 partite con una media di 41’. Non pochissimo, per un giocatore di 40 anni, ma nelle partite che contano Spalletti non lo impiega quasi mai: 0 minuti contro Porto, Inter, Napoli e Lazio in campionato, Villarreal (andata) e appena 4’ contro la Lazio in Coppa Italia. La partita di giovedì a Lione, salvo sorprese, sarà solo l’ennesima di questa serie, anche se lui è pronto a dare una mano. D’altronde, lo fa da 25 anni.