Mi è venuto in mente Francesco Totti. Mentre Edoardo Bove parlava sul palco dell’Ariston di quello che gli era successo ho pensato a quello che Totti disse nel giorno del suo addio: «Adesso ho paura, concedetemi un po’ di paura». Lui era il re, forse anche qualcosa di più. (…)
E lui il re, forse anche qualcosa di più, ebbe il coraggio praticamente in mondovisione di dire di avere paura. Il re che diventa formica di fronte a un mondo di leoni, che ha il coraggio più grande per un uomo: quello, oltre che di manifestare la paura, di chiedere aiuto. Edoardo Bove in tutta la sua bellezza a Sanremo, non a San Siro, ha fatto un po’ la stessa cosa, e persino tanto di più: ha raccontato il suo dramma che è stato quello di perdere non solo il calcio, ma di rischiare di perdere la vita.
Lo ha raccontato con un contegno e una lucidità tenute insieme proprio dall’emozione, non aveva nessuna divisa addosso e l’eleganza era in quello che diceva, più che nell’abito da sera: (…) Solo che rispetto a Totti non aveva alle spalle 307 gol, mille partite e diecimila assist, ma una rete alla sua ex squadra del cuore e tutta una carriera davanti.
Ti resta la vita che è tutto Edoardo e, poi, un sogno da riconquistare: ecco è un po’ quello che hai fatto per noi, quando con quel gol al Bayer ci hai portato a Budapest. Adesso è come se solo tu potessi rigiocare quella finale. Stavolta la vinciamo.
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci