“Il nuovo Club assume la denominazione di Associazione Sportiva Roma, la nuova squadra giuocherà con la maglia dai colori di Roma”. Dai colori di Roma, non è un refuso quello che c’è scritto in questa specie di comunicato che potete leggere sui giornali nell’estate 1927. Dai colori di Roma nasce una maglia che ha indossato la storia, che ha ricamato la lupa, che ha riscaldato i suoi figli. Zì Checcho e la Sora Angelica, i custodi di Testaccio (cioè gli angeli del nostro luogo dell’anima) ne avevano cura come fosse… la maglia della Roma. Angelo Cerretti, che definirlo massaggiatore è niente, s’incazzava male con quei calciatori che la facevano cadere in terra nello spogliatoio (aveva messo un cesto apposta per i panni).
Angelino Cerretti è uno che prima di morire ha chiesto che il suo feretro con la maglia della Roma passasse davanti Campo Testaccio. La maglia della Roma non è solo un ideale, ma un’idea che s’è fatta carne perché è la prima pelle di un romanista. Che rappresenta quello che hai dentro: il sangue, e che va oltre tutto il mondo che abbiamo fuori, il sole. Noi tifiamo gli uomini che la onorano, i romanisti che non la indossano ma la trattano come pelle. In questo tifiamo non solo, ma sempre la maglia. Come cosa viva, prima pelle, ultima bandiera, carne del nostro sogno, simbolo del nostro infinito amore.
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci











