La poltrona per due è in realtà uno scomodo sedile che non ha ancora superato il collaudo. Dovbyk e Ferguson, Ferguson e Dovbyk, a forza di mescolare questi nomi in cerca della soluzione al rebus dell’attacco rischia di venir fuori una canzone stonata, giusto per tornare alla metafora musicale utilizzata da Gasperini nei giorni in cui paragonava una squadra a un’orchestra che deve andare a tempo.
A giudicare il momento delle punte, viene da chiedersi dove la Roma possa trovare il contingente di gol necessario per far decollare la fase offensiva. La nottataccia europea ha fatto compiere a entrambi almeno un paio di passi indietro. Artem, ad esempio, sembrava aver preso ossigeno giusto domenica scorsa, segnando al Verona. Ma giovedì è sprofondato nell’abisso sbagliando due volte lo stesso rigore, fatto ripetere dall’arbitro per un’invasione, prima che Soulé completasse un assurdo (e storico) tris lasciando di stucco i 61 mila dell’Olimpico. (…)
L’ucraino fin qui ha dimostrato limiti caratteriali e difficoltà nell’eseguire correttamente i movimenti richiesti dall’allenatore, mentre l’irlandese sta vivendo una sorta di involuzione dopo essere partito bene; se nelle prime partite eccelleva nella capacità di legare il gioco della squadra, pur manifestando qualche limite in termini di freddezza sotto porta, ora fatica anche come regista offensivo.
A parte il primo tempo contro il Torino, quello giocato senza prime punte, nelle altre sei partite e mezza gli attaccanti si sono alternati con una preferenza per Ferguson, in campo per 387 minuti contro i 198 del collega. In questi 585’ i due 9 hanno messo insieme appena una rete, facendo preoccupare un popolo consapevole che senza bomber sarà difficile fare strada.
Un gol, un solo gol, a fronte di 14 conclusioni tentate da Dovbyk e Ferguson. Di queste, solamente 5 hanno centrato lo specchio, tutte in A perché in Europa ogni tentativo è finito lontano dalla porta. Sotto accusa resta la pericolosità della fase offensiva, perché per dirla con le parole di Gasperini «non è solo colpa dei centravanti se facciamo pochi gol». Non a caso, l’allenatore da settimane sta lavorando sulla fluidità della manovra, sugli inserimenti e sulla precisione negli ultimi passaggi. Il meccanismo va dunque rodato.
Soprattutto perché i tiri sopra citati sono stati quasi tutti abbastanza innocui, come dimostra il dato degli expected goals di Opta, cioè l’indice di pericolosità di una conclusione, che nel caso di Dovbyk è di 0,49 in A e 0,06 in Europa mentre per Ferguson è 0,51 in campionato e 0,17 in coppa. Considerato che per entrambi il dato migliore è di mezzo gol in 7 partite, il fatto che insieme ne abbiano confezionato soltanto uno è quindi in linea con la statistica. Insomma, non sono stati prolifici non per sfortuna o scarsa mira.
Nelle ultime 50 gare, includendo anche la passata stagione nel caso di Dovbyk e pure metà del 2023-24 per Ferguson, il primo ha segnato 18 volte e il secondo, fermatosi anche per un infortunio al crociato, appena una. Sarà anche una questione di condizione da recuperare (il saggio Gasp ha cercato di proteggerli con questa spiegazione), eppure il feeling perduto con il gol ha origini lontane nel tempo. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota











