La Roma ha messo le sue carte sul tavolo e adesso aspetta che Luciano Spalletti faccia altrettanto. James Pallotta è ripartito ieri pomeriggio dall’aeroporto di Ciampino, anche per dribblare il caos degli arrivi per le celebrazioni del 60.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma. Il colpo a effetto lo aveva sferrato mercoledì sera, con la cena in cui aveva convocato gli «Stati Generali» giallorossi. Insieme a lui e a Luciano Spalletti c’erano: Umberto Gandini (a.d.), Mauro Baldissoni (d.g. ), Ricky Massara (d.s.), Alex Zecca (braccio destro calcistico di Pallotta) e Franco Baldini (consulente del presidente ed ex d.g. della prima Roma «americana»). Perché un tale spiegamento di forze, che non poteva passare inosservato? Per dare la massima forza alla proposta fatta a Spalletti (un contratto pluriennale alle cifre attuali, 3 milioni netti a stagione più bonus per le vittorie) e per garantire sotto tutti i punti di vista la bontà dei piani societari. Un corteggiamento vero e proprio perché l’allenatore toscano è considerato la miglior soluzione possibile. Spalletti, nel recente passato, ha parlato di «ossessione della vittoria», ripetendo che soltanto i trofei possono tenerlo legato alla Roma. Ha fatto, però, anche un distinguo importante, parlando di «margini di crescita». Ed è proprio su questo punto che Pallotta ha giocato i suoi assi: 1) lo stadio di proprietà, per il quale Spalletti si è speso in prima persona, e la rimozione delle barriere all’Olimpico che ridarà alla Roma la curva Sud; 2) un main sponsor in arrivo; 3) l’apertura a 4 italiane in Champions League dalla stagione 2018-2019; 4) il massimo supporto allo staff del tecnico.
È vero, ci sono una semestrale in rosso (-53,4 milioni di euro) e riscatti obbligatori per altri 25 milioni (Juan Jesus, Mario Rui, Perotti), ma si può fare un buon mercato vendendo cash e comprando «a rate», come ha fatto l’Inter con Gagliardini. L’allargamento della Champions aiuterà: il bilancio in vera sofferenza sarà il prossimo, ma poi si potrà investire di più. La vittoria resta l’obiettivo, ma si può raggiungere anche in due o tre anni, consolidando squadra e società. Tutto questo è stato proposto a Spalletti, che non doveva dare una risposta immediata tra una pizza e una tagliata. Però la Roma non aspetterà all’infinito. Quella di Spalletti deve essere una scelta e non un ripiego perché non c’è di meglio. Il discorso di tenere tutti sulla corda va bene, ma c’è una dead-line fisiologica. Battere la Lazio, qualificarsi per la finale di Coppa Italia e annunciare il rinnovo sarebbe il top per Pallotta. Ma andrebbe bene anche un regalo nell’uovo di Pasqua. Poi ci sarà altro a cui pensare. Totti e De Rossi hanno il contratto in scadenza, a Nainggolan e Manolas erano stati promessi adeguamenti. Spalletti ha monopolizzato l’attenzione, ma il mondo Roma non finisce lì.