Se un indizio è soltanto una coincidenza e due cominciano a tratteggiare una mezza prova, dal terzo solitamente qualche certezza in più comincia ad arrivare. Al quarto, l’evidenza di un difetto si manifesta nella sua completezza: la Roma ha perso quattro partite in modo sorprendentemente simile, facendosi fregare sempre dagli avversari in contropiede. Le ripartenze subite sono il manifesto del calcio propositivo che Gasperini sta inseguendo e predicando, anche con abbondante successo. Rappresentano dunque un rischio accettabile e in qualche modo pure calcolato. Eppure i ko stagionali in Serie A contro Torino, Inter, Milan e Napoli, tutti per uno a zero, finiscono per somigliarsi. Insomma, la squadra che ha ancora la miglior difesa d’Europa sbaglierà pure poco là dietro, ma commette sempre lo stesso errore: per la troppa foga, spesso, si fa sorprendere.
Il primo dei sette gol subiti in queste 13 giornate è arrivato contro il Torino a metà settembre. In una partita scorbutica e complessa, i giallorossi avevano provato a sfondare le due linee compatte di Baroni. Non soltanto non ci sono mai riusciti a causa di un attacco poco prolifico, ma si sono pure fatti infilare in modo fulmineo. Il Toro ha infatti approfittato di un errore di Koné, che ha permesso a Simeone di scappare in campo aperto, cominciando e chiudendo l’azione del vantaggio granata.
Una valutazione sbagliata ha tagliato le gambe della Roma anche contro l’Inter, nel primo big match perso. In quel caso è bastato un lancio lungo e apparentemente innocuo di Barella, a difesa schierata, per sorprendere i giallorossi. Bonny è scattato sul filo approfittando della lenta risalita di Celik, che lo ha tenuto in gioco, ma lo sbaglio più evidente in quel caso lo ha commesso N’Dicka, uno che gli errori da tre anni a questa parte li conta sulle dita di una mano, alzandosi per mettere l’attaccante avversario in fuorigioco a scoppio ritardato. Con quel movimento, di fatto, Evan ha consentito al francese di involarsi verso la porta di Svilar; se avesse rinculato, vista la differenza di velocità, non avrebbe avuto problemi a contenere l’avversario. (…)
Di corto muso la Roma è caduta pure a San Siro contro il Milan di Allegri, lo specialista in materia, dopo aver sprecato l’inverosimile sotto porta in un primo tempo tragicomico. In quella circostanza galeotta fu la scorribanda offensiva di Mancini, che ha lasciato una voragine dietro di sé. L’azione d’attacco non si è concretizzata e in quello spazio s’è inserito come un diavolo Leao, l’autore dell’assist per l’accorrente Pavlovic.
Anche il Napoli, l’altro ieri, ha punito la Roma in contropiede: contrasto Koné-Rrahmani (falloso per Manu, non per l’arbitro) e ribaltamento del fronte con la Roma fuori posizione. Alla palla persa da Koné si è aggiunta la lettura sbagliata di Cristante che ha preferito contenere Neres andandogli incontro anziché scappare all’indietro per proteggere la porta; a quel punto, dopo il “dai e vai” con Hojlund, non ha più avuto la forza di riprendere la freccia brasiliana. In tre casi su quattro – tutti a parte l’Inter – la Roma ha preso gol nei momenti in cui sembrava in controllo del flusso emotivo e tecnico delle partite. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota











