Puntualmente, ogni anno, ad un certo punto della stagione nella Roma ci si ritrova a fare sempre gli stessi discorsi. Può cambiare il ds, l’allenatore, il calciatore ceduto, l’acquisto in più o in meno ma in fondo tutto cambia perché nulla cambi. Per i cinefili, sembra di rivivere la commedia cult del 1993 ‘Groundhog Day‘, con Bill Murray costretto a rivivere ogni giorno la stessa routine. La sveglia alle ore 6, la radio che trasmette sempre la stessa canzone, gli stessi eventi che si ripetono stancamente sempre uguali a se stessi nel giorno della Marmotta, ovvero quel giorno che tradizionalmente presagisce la fine o meno dell’inverno. Quest’anno l’attesa giallorossa si è protratta sino ad aprile. A conti fatti, però, nulla di nuovo in bacheca dopo le eliminazioni dai playoff di Champions, dagli ottavi di finale di Europa League e dalla semifinale di coppa Italia. Con lo scudetto ormai una chimera, rimane la lotta al secondo posto. Che poi, considerando che vince uno soltanto, non sarebbe nemmeno una tragedia sportiva se prima Spalletti e poi la società, non avessero parlato di «ossessione per la vittoria», «se non vinco me ne vado», «questa è la rosa più forte che ho mai allenato», «Paredes è più forte di Pjanic», «questo club ha tutto per vincere».
IL 2° POSTO VITALE – La difficoltà per la piazza nel percepire che il copione, nonostante gli interpreti, è sempre uguale a se stesso, è dovuto al fatto che la Roma, almeno in campionato, sta consumando una stagione piena di record. Che però, sono fini a se stessi in un torneo livellato sempre di più verso il basso, dove le ultime due hanno già perso 22 gare a testa (record europeo), la sesta in classifica (Milan) con sei gare ancora da disputare ha appena due punti in meno del Sassuolo sesto lo scorso anno e ben cinque calciatori sono già oltre 20 gol con sei partite a disposizione per arrivare a quota 30 (!). Paradossalmente però, il problema di fondo è un altro, che va oltre la vittoria o meno della Coppa Italia di turno. Ossia, la necessità di arrivare secondi a tutti i costi. Nel variegato mondo dei social, un account goliardico ha fotografato perfettamente la situazione giallorossa: «La Roma deve arrivare seconda per avere poi le risorse per arrivare seconda e così avere le risorse per arrivare seconda…». Amara ironia, che nasconde una verità ormai conclamata: senza i soldi della Champions, la programmazione futura rischia di andare fortemente in sofferenza.
STALLO PERICOLOSO – Da sabato, con il Napoli tornato a – 2, anche la mission aziendale del club è in pericolo. E lo stallo nel quale versa la società non aiuta. Spalletti in ogni conferenza rilascia un testamento sportivo. Monchi, nuovo ds in pectore da mesi (già liberato dal Siviglia), effettua ogni giorno la stessa dichiarazione («L’offerta della Roma è la migliore, ma non l’unica») che inizia a suonare in modo sinistro, quasi che il diretto interessato non voglia escludere rilanci di un club più prestigioso. La questione-rinnovi o adeguamenti (Nainggolan, Manolas, Strootman e De Rossi) ristagna. Manolas, con la semestrale chiusa il 31 dicembre a – 53 milioni, ha le valigie pronte. E potrebbe non essere l’unico. Per questo motivo arrivare secondi è vitale. Questo, però, non esclude che il club metta i paletti per la costruzione della prossima stagione. Tanto per iniziare, facendo chiarezza sull’addio di Spalletti e annunciando il ds. Un doppio segnale che toglierebbe alibi, responsabilizzando così la squadra, in ottica Champions.