Ci sono notti che il destino ti può assegnare per qualche strana ragione. Per qualche bella ragione. Notti in cui ti giochi una finale a casa tua, e la Tevere – aperta a 5 euro e piuttosto vuota a pochi minuti dal via – magicamente si ravviva quando la gara è anche iniziata da pochi minuti e i ritardatari del venerdì arrivano a dar forza ad un bel pezzetto di Curva trasferita nella tribuna dedicata a questa semifinale di ritorno di Coppa Italia. E poi in questo dono del destino c’è anche il fatto che sono venuti a vederti Szczesny, Paredes e Grenier, che lo spogliatoio in cui ti prepari a scendere in campo è quello dello stadio Olimpico, è il loro, dei grandi. La Roma Primavera che ha lo scudetto sul petto, avendolo vinto nel 2016 battendo l’Inter e che poi ai nerazzurri ha preso anche la Supercoppa, per qualche strano motivo non è esattamente quella brillante, straripante, di quelle vittorie.
SOFFERENZA – Il talento c’è, è quello di sempre: ma qualcosa non gira come dovrebbe, quel clic che ti fa annientare l’avversario scatta a singhiozzo. E così la partita, nel primo tempo all’Olimpico, la fa l’Entella, mentre la Roma cerca di ridare alle gambe il giusto registro e alla testa le idee che il talento suggerirebbe. L’Entella, poi, non è lì per caso. Non è per caso che proprio con la Roma si stia giocando il terzo posto nel girone in campionato per avere un play off casalingo in vista delle Final Eight. E con il terzo posto nel girone anche questa finale, chiusa 1-1 in Liguria. Ha in campo ragazzi che hanno già messo minuti in serie B. Questo pure conta. Ma il talento della Roma e questa finale all’Olimpico farebbero pensare ad altro. E invece quel Mota Carvalho così ingobbito, come un bomber e basta, ha movenze che la struttura fisica non asseconderebbe, ha il piede che prova ad essere morbido e per due volte (la seconda però di testa), impone a Crisanto un plastico volo e un accartocciamento a terra in angolo. Gioca l’Entella, la Roma rincula, mette Keba sulla linea dei centrocampisti quando hanno palla gli avversari e fa il 4-4-2, prova a ripartire ma tutto si ferma tra la sua trequarti e quella avversaria. I quasi 4.000 dell’Olimpico incitano, ma la squadra giallorossa si difende senza riuscire a pungere. E si ravviva anche l’altro attaccante dell’Entella, Puntoriere, che ha un certo punto, sulla linea di fondo destra, scherza un signor difensore come Marchizza e mette altra apprensione. Alla fine anche Di Paola fa distendere Crisanto.
IL LAMPO – Poi succede quella roba lì del destino che ti ha scelto, ma che se hai talento puoi provare anche a portarlo dalla tua. E così nel gioco che porta Tumminello-Soleri-Keba a invertirsi succede che il gigante di Erice, Tumminello, spostato sul fronte sinistro che era del senegalese, decida d’impulso il da farsi: stop a seguire il corpo che si inarca mentre la traiettoria curva in modo quasi innaturale per quella statura, il cross secco e Soleri che piomba sulla palla per scaraventarla in rete anticipando Ba. La premiata ditta confeziona il settimo trofeo della Roma americana (ieri presente con l’ad Gandini, il dg Baldissoni e Massara che sta ultimando il suo mandato da ds per restare anche con Monchi), tutti con i giovani: tre scudetti (Giovanissimi 2014, Allievi 2016 e Primavera 2016), due Supercoppe Primavera (2012 e 2016) e due Coppe Italia, prima di questa quella del 2012. E’ anche il settimo trofeo per De Rossi con la Primavera. E la sua Roma nella ripresa è un’altra squadra. Più convinta, più libera: Tumminello sbaglia la misura per il 2-0 due volte, la seconda gliela para Siaulys. Ma l’Entella resta viva e considerato lo scherzetto dell’andata (1-1 al 96’) De Rossi tiene tutti sulla corda. Keba va a prendersi il rigore e Marchizza, il rigorista spietato, fa 2-0 e va a prendersi la Tevere in festa e la Coppa. La quinta della storia della Roma, che supera la Juventus a 4. Dieci mesi trionfali per i ragazzi giallorossi. E ora c’è lo scudetto da difendere.